27 maggio 2012

SENTENZA ETERNIT

E’ di grande interesse la lettura del dispositivo e delle motivazioni della sentenza con la quale il Tribunale di Torino, in data 13 febbraio 2012, ha condannato a sedici anni di reclusione ed a risarcimenti per diversi milioni di euro i due ex titolari della Eternit S.p.A. giudicati responsabili degli eventi lesivi per l'uomo e per l'ambiente derivati, e tuttora derivanti, dall'amianto lavorato tra gli anni 1960 e 1980 negli stabilimenti italiani della multinazionale svizzero-belga.
Secondo l'impianto accusatorio - quale emerge dai capi di imputazione - l'incontrollata dispersione delle fibre di amianto provenienti dagli stabilimenti italiani della Eternit - siti in Casale Monferrato (in provincia di Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli) - ha finora colpito quasi tremila persone, sia tra i lavoratori che tra gli abitanti delle zone limitrofe alle fabbriche, cagionando asbestosi, tumori polmonari, mesoteliomi pleurici e peritoneali: malattie spesso sfociate nella morte delle vittime.
Sempre secondo i capi di imputazione, la diffusione delle polveri tossiche su vasta scala, in tutti gli ambienti di vita circostanti le zone di produzione dei noti manufatti in eternit, ha dato origine ad un disastro di carattere permanente, i cui effetti devastanti per la salute umana e l'ambiente non hanno ancora cessato di prodursi.
Il pool di Pubblici Ministeri guidati da Raffaele Guariniello ha considerato due figure di reato contro l'incolumità pubblica: (A) l'omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, aggravata dalla verificazione di "malattie infortunio" consistiti nelle malattie e nei decessi dei lavoratori nominativamente indicati negli allegati al capo di imputazione (art. 437 comma 2 c.p.); e (B) il disastro doloso cd. innominato, anch'esso nella forma aggravata dalla verificazione del disastro ("in quanto" - come si legge nell'imputazione - " l'amianto è stato immesso in ambienti di lavoro e in ambienti di vita su vasta scala e per più decenni mettendo in pericolo e danneggiando la vita e l'integrità fisica sia di un numero indeterminato di lavoratori sia di popolazioni e causando il decesso di un elevato numero di lavoratori e di cittadini", e in particolare delle persone nominativamente indicate negli allegati al capo di imputazione in parola), e configurato quale reato permanente, iniziato nel 1952 e tuttora in fase consumativa al momento della contestazione (art. 434 comma 2 c.p.).

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