29 settembre 2011

CODICE ANTIMAFIA

E' stato pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 214 alla Gazzetta Ufficiale n. 226 del 28/09/2011 il D.Leg.vo 6/09/2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, che aggiorna la normativa in materia, in attuazione della delega prevista all'art. 1, della L. 136/2010 e raccoglie tutta la normativa vigente in tema di misure di prevenzione, aggiornata secondo le prescrizioni della citata legge delega.
Il provvedimento entra in vigore dal 13/10/2011, ad eccezione del libro II, capi I, II, III e IV, che entreranno in vigore decorsi 24 mesi dalla data di pubblicazione sulla G.U. dell'ultimo dei regolamenti di disciplina della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, di cui all'art. 99, comma 1, del decreto in commento.
Per quanto concerne i contenuti di interesse per il settore dei contratti pubblici, il Libro III (Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) disciplina la documentazione antimafia ed i suoi effetti, ed istituisce la Banca dati nazionale.
In particolare le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di opere pubbliche ed i contraenti generali devono acquisire la documentazione antimafia (Comunicazione antimafia e Informazione antimafia) prima di:

- stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici,
ovvero
- rilasciare o consentire, tra gli altri, concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali, concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici, iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici.
La documentazione antimafia non è comunque richiesta, ad esempio, nel caso di stipulazione o approvazione di contratti e per la concessione di erogazioni a favore di chi esercita attività agricole o professionali, non organizzate in forma di impresa, nonché a favore di chi esercita attività artigiana in forma di impresa individuale e attività di lavoro autonomo anche intellettuale in forma individuale, e nel caso di provvedimenti, atti, contratti ed erogazioni il cui valore complessivo non supera i 150.000 Euro.
La documentazione antimafia è costituita dalla comunicazione antimafia e dall’informazione antimafia.
La prima, utilizzabile per 6 mesi, è rilasciata dal prefetto ed è conseguita mediante consultazione della banca dati nazionale da parte dei soggetti sopra elencati tenuti all'acquisizione, oltre che da parte delle Camere di Commercio e dagli ordini professionali, debitamente autorizzati.
La seconda, rilasciata dal prefetto ed utilizzabile per un periodo di 12 mesi, deve essere acquisita dai soggetti sopra elencati, facendo richiesta attraverso la banca dati al momento dell'aggiudicazione del contratto ovvero 30 giorni prima della stipula del subcontratto prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti già citati, il cui valore sia:
- pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture, indipendentemente dai casi di esclusione ivi indicati;
- superiore a 150.000 Euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
- superiore a 150.000 Euro per l'autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche.

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REGOLAMENTO PREVENZIONE INCENDI

Pubblicato nella G.U. n. 221 del 22 settembre il d.P.R. 1 agosto 2011, n. 151: Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi (con abrogazione integrale del d.m. 16 febbraio 1982 e del d.P.R. n. 37 del 1998) ai sensi dell'art. 49, comma 4-quater, della L. 122/2010.
In particolare il regolamento, in attuazione delprincipio di proporzionalità, distingue le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi in tre categorie, A B e C, elencate nell' allegato I al regolamento ed assoggettate a una disciplina differenziata in relazione alla dimensione dell 'impresa, al settore di attività, alla presenza di specifiche regole tecniche ed alle esigenze di tutela della pubblica incolumità.
Gli adempimenti connessi alla valutazione dei progetti vengono differenziati in relazione alle esigenze di tutela degli interessi pubblici: per le attività di cui alla lettera A, che sono soggette a norme tecniche e, sulla base delle evidenze statistiche, non sono suscettibili di provocare rischi significativi per la pubblica incolumità non è più previsto il parere di conformità. I progetti relativi a tali attività sono presentati contestualmente alla Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) e, per le attività di competenza dello sportello unico, ricadono nel procedimento automatizzato di cui al Capo III del D.P.R. 160/2010.
Analogamente sono differenziate la modalità di effettuazione dei controlli di prevenzione incendi. Per le attività di cui alle categorie A e B i controlli avvengono, entro 60 giorni, anche mediante metodo a campione o in base a programmi settoriali. Per quanto concerne le attività di cui alla categoria C, invece, il Comando effettua sempre il controllo entro 60 giorni.

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25 settembre 2011

DENUNCE SECONDO DPR 380/01 CON MOLTEPLICI PROGETTISTI

Risulta sempre più comune, con la crescente specializzazione che caratterizza la professione di Ingegnere e con la crescente complessità delle metodologie di calcolo da adottare nei vari casi, trovarsi coinvolto, in veste di Progettista, Direttore dei Lavori e anche e soprattutto Collaudatore, in denunce uniche depositate agli uffici competenti secondo DPR 380/01 e legge 1086 del 05/11/71 che contengono più nominativi di progettisti, ognuno dichiarante la propria responsabilità per quanto riguarda uno specifico campo di applicazione dell'Ingegneria civile Di seguito alcune domande e risposte tratte dal sito dell’Ordine degli Ingegneri di Milano.
1 - è lecita la presentazione di denunce secondo DPR 380/01 con molteplici progettisti?
Sì, ma è sempre auspicabile che almeno per le strutture vi sia un progettista dell'intero complesso che abbia coordinato e verificato il lavoro di tutti i singoli progettisti. Con riferimento ai moduli di alcuni Comuni, dove questi ultimi hanno preso la funzione di Genio Civile, è purtroppo malcostume diffuso che tali pratiche non siano sottoposte neanche ad un ingegnere Capo responsabile, come previsto dalla legge, ma invece rappresentino un semplice protocollo ed archivio di pratica.
2 - nel caso di edifici prefabbricati autonomi nei confronti delle azioni orizzontali, chi assume la figura del progettista del complesso strutturale?
Non vi è alcuna norma che stabilisca chi debba assumere questo ruolo, ma è importante che comunque vi sia e possibilmente che venga incaricato dal committente.
3 - nel caso non sia espressamente dichiarato nella denuncia un progettista generale del complesso strutturale, il Collaudatore rivolge le sue legittime richieste di chiarimenti tecnici o di integrazioni della documentazione ai singoli progettisti?
Senza voler entrare nel merito di come deve operare il singolo Collaudatore, è chiaro che quest'ultimo se ha dubbi sulla congruenza e congruità del lavoro dei singoli progettisti e se non trova un progettista generale del complesso strutturale può decidere di non collaudare e ripassare il problema al committente che si dovrà preoccupare di trovare e incaricare questa figura professionale di progettista del complesso strutturale.
4 - in molte denunce preparate su modulistica di Prefabbricatori anche di grande fama e esperienza, viene nominato e firma il modulo il "Direttore dei Lavori del montaggio". Tale figura affianca evidentemente il Direttore dei Lavori generale dell'opera, ma quali sono a questo punto le rispettive responsabilità?"
Il Direttore dei Lavori generale delle strutture è responsabile della rispondenza di quanto eseguito dall'Appaltatore con quanto il progetto strutturale prevedeva; il DL montaggi è invece unicamente responsabile della fase di montaggio e assemblaggio degli elementi prefabbricati, ma non della loro rispondenza al progetto.
5 - anche la figura del Direttore Lavori tende ad essere suddivisa in più nominativi. Qual'è il vostro parere su questo punto?
Come per il progettista anche per il Direttore dei Lavori delle strutture è necessario che ci sia una persona che sia responsabile dell'intero complesso strutturale. E' buona norma infatti che tale figura firmi tutti i disegni esecutivi/costruttivi sia che provengano da prefabbricatori, sia che provengano dall'Appaltatore.

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LE CARATTERISTICHE DELLE RISERVE

Dal convegno dell’Ordine degli Ingegneri di Milano in data 9 giugno 2011.

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LA GESTIONE DELLE RISERVE

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LE RISERVE PER FATTI CONTINUATIVI

I cosiddetti fatti continuativi sono i fattori di pregiudizio per l’appaltatore legati non a decisioni espresse formalmente - e dunque necessariamente destinate a riflettersi negli atti contabili – dall’appaltante ma ai suoi comportamenti che, in correlazione al loro protrarsi possono alterare in danno dell’appaltatore l’equilibrio economico dell’esecuzione contrattuale.
Può trattarsi, per esempio, del fatto che, al di là dell’osservanza di specifici obblighi contrattuali, è violato il dovere dell’appaltante di rendere possibile l’esecuzione dell’opera, quando essa non tenga comportamenti idonei a preservare gli interessi dell’appaltatore mediante opportuna cooperazione. (Collegio Arbitrale Roma 19/11/2004).
Per fatti continuativi devono intendersi solo gli avvenimenti il cui perdurare nel tempo ha in sé una carica dannosa non solo di carattere permanente, ma suscettibile di essere apprezzata nel tempo per la sua potenzialità di produrre alterazioni nello svolgimento dei lavori; pertanto non possono configurarsi come fatti continuativi episodi vari, materialmente e concettualmente autonomi, con caratteristiche e aspetti diversi, discontinui e soggetti a variazioni.
Sono fatti continuativi quelli che si ricollegano o a una serie causale o a una concatenazione di episodi singolarmente privi di un’apprezzabile rilevanza onerosa, per i quali l’Appaltatore può essere in grado di percepire, secondo i criteri di media diligenza e di buona fede, la reale potenzialità dannosa dei fatti unitariamente e globalmente considerati.
L’onere di inserzione della riserva per fatti continuativi che rendono anomala l’esecuzione dei lavori non sorge con la semplice sopravvenienza di circostanze impeditive della regolare esecuzione dei lavori, ma quando l’efficienza causale della situazione e la sua idoneità a rendere definitivamente più gravosa la prestazione si manifestino in modo obiettivamente apprezzabile da parte dell’appaltatore stesso. E’ ovvio che lo stabilire il momento in questione possa essere in concreto assai arduo. Ovviamente occorre fare riferimento a canoni di media diligenza e buona fede dell’appaltatore circa la possibilità oggettiva per esso di apprezzare (e da quando e in che misura) l’esistenza del pregiudizio. Si tratta della tipica fattispecie nella quale l’apprezzamento definitivo del fatto rientra nella sfera di merito della eventuale decisione contenziosa. (Collegio Arbitrale Cagliari 12/3/2004).
Il che detta, ovviamente, l’approccio rispettivo e contrapposto al problema da parte dell’appaltatore e dell’appaltante. Il primo, ferma l’estrema consigliabilità per esso dell’anticipazione del momento di iscrizione della riserva, cercherà di valorizzare inevitabilmente gli indici (tratti dalla contingenza del caso concreto, più che da principi astratti) comprovanti una sua incolpevole differita percezione del problema. Mentre l’opposto farà il secondo, teso a far decadere l’appaltatore dalla sua pretesa. In questo contesto, merita segnalazione un orientamento più critico, che appare maggiormente conforme sia all’odierno sistema, sia alla ratio fondamentale delle riserve, sia alla prospettiva evolutiva delle norme vigenti, secondo il quale (Collegio Arbitrale Cremona 31/5/2002 che ascrive alla categoria dei fatti continuativi lo slittamento dei tempi esecutivi connessi all’approvazione di una perizia di variante) l’onere di iscrizione della riserva diviene operativo quando la potenzialità del danno è obiettivamente apprezzabile secondo criteri di ordinaria diligenza e di buona fede da parte dell’appaltatore che sia in grado di rilevarne l’esistenza e la misura presumibile, salvo a precisarne l’entità nelle successive registrazioni (nei medesimi termini Collegio Arbitrale Milano 17/10/2006).
E’ cioè opportuno che nel suo interesse l’appaltatore denunzi (mediante l’iscrizione di riserva sugli atti che dovessero essergli sottoposti) il pregiudizio appena gli sia distinguibile, enunciando almeno gli elementi tecnico-economici costitutivi della sua pretesa, salvo rinviare al momento del compimento ed esaurimento del fatto continuativo pregiudiziale la precisa e definitiva quantificazione della riserva.
Secondo alcune tesi, l’Appaltatore potrebbe proporre le riserve nel momento in cui il fatto continuativo ha cessato di operare, in quanto solo allora è in grado di rendersi conto del suo effetto dannoso.
Secondo altre tesi, la continuità del fatto impedisce solo che l’Appaltatore debba subito precisare l’esatta entità dei compensi vantati, ma non lo libera dall’onere di immediata proposizione della riserva non appena il fatto continuativo abbia iniziato a produrre i suoi effetti, ad eccezione di quando le conseguenze del fatto dannoso continuativo non potevano essere immediatamente valutate nella loro portata o inizialmente apparivano trascurabili.
Il fatto continuativo non dà luogo a una ipotesi di deroga al principio di generalità della riserva ma si riflette sul momento in cui l’onere di iscrizione e di esplicazione si manifesta, nel senso che il momento iniziale coincide con quello in cui dal ripetersi degli episodi pregiudizievoli l’Appaltatore dovrebbe trarre – con ordinaria diligenza – la percezione della loro incidenza economica, mentre la definitiva quantificazione va sempre ricollegata quanto meno alla cessazione della continuazione.

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22 settembre 2011

VALIDITÀ TEMPORALE DEL DURC

In ordine alla validità temporale del DURC nei contratti pubblici, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la circolare n. 5/2008 aveva ritenuto, in via interpretativa, che il certificato avesse validità mensile stante, di norma, le scadenze mensili dei versamenti contributivi nei confronti di INPS e Casse edili.
Successivamente, con determinazione n. 1/2010, l’Autorità di vigilanza per i contratti pubblici (AVCP), recependo anche recenti orientamenti giurisprudenziali, aveva ritenuto, in un’ottica di semplificazione e speditezza delle procedure di gara, che per la fase di partecipazione agli appalti pubblici trovasse applicazione la validità trimestrale della certificazione, al pari di quanto disposto per i lavori privati in edilizia.
Sulla scorta di tale determinazione, il Ministero, con circolare n. 35/2010, ha infine specificato che ha validità trimestrale il DURC emesso per contratti pubblici, nonché per attestazione SOA e iscrizione all’albo dei fornitori.
Pertanto, a seguito della determinazione dell’AVCP n. 1/2010 e della circolare ministeriale n. 35/2010, ha validità trimestrale il DURC rilasciato ai fini:
1. della verifica della dichiarazione sostitutiva
2. dell’aggiudicazione
3. della stipula del contratto
4. dei pagamenti degli stati di avanzamento lavori (SAL) e delle prestazioni relative a servizi e forniture (fatture)
5. dell’acquisizione in economia di soli beni e servizi con il sistema dell’affidamento diretto
6. dell’attestazione SOA
7. dell’iscrizione all’albo fornitori.
Il periodo di validità trimestrale del DURC decorre sempre dalla data di emissione del certificato.
Nei casi previsti ai punti 1 e 2, i DURC emessi possono essere utilizzati anche per la stipula del contratto, se sono ancora in corso di validità.
Per il caso di cui al punto 5, è possibile utilizzare un DURC in corso di validità emesso per un precedente contratto riguardante una diversa stazione appaltante.
Il Ministero, infatti, nella circolare n. 35/2010 ha stabilito che “nella sola ipotesi di acquisizioni in economia di beni e servizi per i quali è consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento, il DURC ha validità trimestrale in relazione all’oggetto e non allo specifico contratto”. In sostanza, per tale fattispecie, non è richiesto il legame ad uno specifico contratto, ma solo alla tipologia della prestazione resa dall’operatore economico, anche nei confronti di più stazioni appaltanti (38). La finalità è quella di semplificare le operazioni di affidamento e pagamento di questi contratti pubblici che hanno complessità tecnica e rilevanza economica minori.
Al di fuori del caso descritto, resta fermo il principio per cui un DURC richiesto per una determinata finalità, indicata sullo stesso certificato, non può essere utilizzato in un ambito applicativo diverso da quello per cui è stato emesso.
Pertanto, è da ritenersi illegittimo l’uso, nei contratti pubblici, di un DURC rilasciato per altre tipologie (es. lavori privati in edilizia o agevolazioni, finanziamenti, sovvenzioni e autorizzazioni).
Si rammenta, infine, che per le imprese inquadrate o inquadrabili nel settore edile, il DURC deve contenere anche la verifica della regolarità contributiva nei confronti delle Casse edili, che provvedono a rilasciare il certificato.
Tale verifica viene effettuata a condizione che l’impresa dichiari di applicare il contratto dell’edilizia in presenza di personale operaio ovvero in relazione ai soli dipendenti impiegati e tecnici, ai quali si applica uno dei CCNL dell’edilizia. Nei contratti pubblici di lavori, fanno eccezione a tale regola le imprese edili individuali (quelle cioè che non occupano personale dipendente) e le imprese con dipendenti che applicano il CCNL Metalmeccanico.
Pertanto, è opportuno che la stazione appaltante, ogni qual volta acquisisce un DURC per appalti pubblici di lavori, verifichi se il documento contiene anche l’esito della Cassa edile e, in mancanza, controlli sia la tipologia dell’impresa sia il CCNL applicato (entrambi riportati sul certificato).

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21 settembre 2011

SUPPORTO AL RUP E AL DL

Il giudice amministrativo (TAR Lazio – Sez. Terza Bis, sentenza n.12075/2009 del 22.10.2009), ha posto in evidenza come l’ATI, in quanto già aggiudicataria del servizio di supporto al responsabile unico del procedimento non avrebbe potuto essere destinataria del servizio di supporto alla direzione dei lavori per l’esecuzione della medesima opera.
Ciò non solo per quanto evidenziato dal ricorrente circa il fatto che l’incarico di supporto al responsabile del procedimento deve ritenersi aver interessato anche la fase di elaborazione degli atti di gara per il servizio di direzione dei lavori e di indizione della stessa gara poi aggiudicata al medesimo soggetto di supporto al responsabile del procedimento; il TAR ha, infatti, evidenziato che “l’attività del responsabile del procedimento si correla necessariamente a quella del direttore dei lavori, nel senso che l’esercizio dei poteri del primo postula il preventivo svolgimento delle attività e delle funzioni del secondo, donde la necessità dell’attribuzione di dette funzioni a soggetti distinti”.
Al riguardo, l’art. 119, comma 2, del d.lgs. n.163/2006 prevede, per i lavori, che il regolamento di cui all’art. 5 del medesimo d.lgs. stabilisce le tipologie e gli importi massimi per i quali il responsabile del procedimento può coincidere con il direttore dei lavori.
L’art. 7, comma 4 del Regolamento (D.P.R. 554/99) stabilisce che le due figure possano coincidere solo per interventi di importo non superiore a 500.000,00 euro.

Il TAR ha convenuto, pertanto, che “ad un medesimo soggetto non possa attribuirsi la contestuale veste di supporto al responsabile del procedimento e di direttore dei lavori, pena la rilevata commistione di funzioni foriera di un possibile conflitto di interessi, atteso...che il soggetto chiamato a vigilare sulla direzione dei lavori si avvale per tale attività del medesimo soggetto di cui si avvale il direttore dei lavori per le attività sottoposte alla vigilanza del responsabile del procedimento”.
Le disposizioni richiamate pongono in evidenza l’obbligatorietà, per interventi di non modesta entità, di soggetti distinti per lo svolgimento dei compiti di responsabile del procedimento e di direttore dei lavori; le disposizioni, come evidenziato anche dal TAR, trovano motivazione in esigenze concrete per una corretta esecuzione dei lavori, atteso che al responsabile del procedimento e al direttore dei lavori sono attribuiti compiti diversi ma complementari.
E’ noto, infatti, che talune circostanze tipiche dell’esecuzione degli appalti presuppongono iniziative da parte della direzione dei lavori, alle quali corrispondono valutazioni e conseguenti provvedimenti del responsabile del procedimento. Può farsi riferimento, a titolo meramente esemplificativo, al caso in cui si renda necessaria una variante in corso d’opera: mentre è rimesso al direttore dei lavori il compito di promuovere la redazione della variante, al responsabile del procedimento è demandato di accertare le cause, le condizioni e i presupposti che, a norma di legge, consentono di disporre tale variante (art. 134 D.P.R. 554/99). Deliberazione dell’AVCP n. 70 del 16 novembre 2010

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18 settembre 2011

DISTANZE: I MINIMI STABILITI PER LEGGE SONO INDEROGABILI

La regola della distanza di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima e va disapplicata, essendo consentita alle amministrazioni locali solo la fissazione di distanze superiori.
Lo ha ribadito il TAR di Milano, con la sentenza 07/06/2011, n. 1419.
Infatti il D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 - emanato in virtù dell’art. 41 quinquies L. n. 1150 del 1942 introdotto a sua volta dall’art. 17 L. 6 agosto 1967 n. 765 (c.d. L. Ponte) - riprende dal rango di fonte primaria della norma delegante la forza di legge, suscettibile di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze dalle costruzioni di cui all’art. 872 c.c.:

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11 settembre 2011

PRIME INDICAZIONI SUI BANDI TIPO

Il 14 maggio 2011 è entrato in vigore il decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 “Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia” (G.U. n. 110 del 13 maggio 2011), convertito in legge dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 (G.U. n. 160 del 12 luglio 2011).
L’art. 4, comma 2, lett. h), del d.l. prevede un’importante novità in tema di redazione dei documenti di gara, introducendo, all’articolo 64 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (di seguito, Codice), il comma 4-bis, secondo cui «i bandi sono predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di modelli (bandi-tipo) approvati dall'Autorità, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentite le categorie professionali interessate, con l'indicazione delle cause tassative di esclusione di cui all'articolo 46, comma 1-bis. Le stazioni appaltanti nella delibera a contrarre motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo».
La norma opera un esplicito rinvio alle “cause tassative di esclusione”, secondo quanto previsto dal nuovo comma 1-bis dell’art. 46 del Codice - parimenti introdotto dall’art. 4, comma 2, lett. d) del citato d.l. n. 70/2011 – secondo il quale le stazioni appaltanti possono escludere i candidati o i concorrenti «in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle».
L’AVCP ha predisposto il presente documento riassuntivo delle maggiori problematiche interpretative sui temi indicati, allo scopo di effettuare una consultazione delle categorie interessate e delle amministrazioni.
All’esito della consultazione e dopo aver acquisito il parere del Ministero delle Infrastrutture ai sensi dell’articolo 64, comma 4 bis del Codice, saranno individuate le clausole tassative di esclusione per i bandi tipo di lavori, servizi e forniture.

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ART. 76 E VARIANTI MIGLIORATIVE

Parere di Precontenzioso dell’AVCP n. 107 del 27/05/2010
Ai sensi dell’articolo 76 del D.Lgs. n. 163/2006 le stazioni appaltanti, quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, precisano nel bando di gara se autorizzano o meno le varianti e menzionano i requisiti minimi che le stesse devono rispettare e le modalità per la loro presentazione. La variazione migliorativa, tuttavia, è legittimamente ammessa sempre che sia riconducibile nella sfera delle migliori modalità esecutive del progetto base, da individuare in quelle soluzioni tecniche che consentano di realizzare quanto progettato in modo da garantire una migliore qualità delle lavorazioni dedotte in contratto, salve restando le scelte progettuali fondamentali già effettuate dall'Amministrazione. Attiene ai compiti della Commissione di gara valutare la rispondenza delle varianti ai livelli prestazionali stabili dal progetto posto a base di gara. Alla variante progettuale migliorativa non può non corrispondere, nell’offerta economica, la relativa voce di nuovo prezzo o la modifica delle quantità nelle lavorazioni già previste nella lista delle categorie ovvero il non utilizzo di determinate lavorazioni. E’, pertanto, conforme alla normativa vigente l’offerta del concorrente che, in relazione alle varianti migliorative introdotte nell'offerta tecnica, valutate dalla Commissione di gara coerenti con il progetto, ha conseguentemente introdotto nuovi prezzi nell'offerta economica (cfr. ad es. deliberazione dell’Autorità n. 253 del 12 luglio 2007).

Deliberazione dell’AVCP n. 253 del 12 Luglio 2007
Ai sensi dell’articolo 76 del d. Lgs. n. 163/2006 le stazioni appaltanti, quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, precisano nel bando di gara se autorizzano o meno le varianti e menzionano i requisiti minimi che le stesse devono rispettare e le modalità per la loro presentazione.
Si deve preliminarmente precisare che, ove sia utilizzato detto criterio di aggiudicazione e nel contempo sia ammesso dal bando di gara proporre variazioni migliorative, assume valore decisivo, a parità di prezzo, la migliore qualità tecnica della prestazione offerta.
La variazione migliorativa, tuttavia, è legittimamente ammessa sempre che sia riconducibile nella sfera delle migliori modalità esecutive del progetto base, da individuare in quelle soluzioni tecniche che consentano di realizzare quanto progettato in modo da garantire una migliore qualità delle lavorazioni dedotte in contratto, salve restando le scelte progettuali fondamentali già effettuate dall'Amministrazione.
Attiene ai compiti della Commissione di gara valutare la rispondenza delle varianti ai livelli prestazionali stabili dal progetto posto a base di gara.
Alla variante progettuale migliorativa non può non corrispondere, nell’offerta economica, la relativa voce di nuovo prezzo o la modifica delle quantità nella lavorazioni già previste nella lista delle categorie ovvero il non utilizzo di determinate lavorazioni.

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CONSORZIO STABILE

Con la Sentenza n. 2454 del 27/04/2011 il Consiglio di Stato si è pronunciato in merito alla necessità o meno, nel caso di partecipazione ad una gara di appalto di un Consorzio stabile, di verificare i requisiti di partecipazione anche in testa all’impresa consorziata indicata come esecutrice, stabilendo che i predetti requisiti di partecipazione sono richiesti e vanno verificati solo in capo al Consorzio stabile stesso e non anche in capo alla consorziata indicata come esecutrice.
I Consorzi stabili, infatti, hanno una loro qualificazione, che consente ai medesimi di partecipare alle gare pubbliche, e pertanto sono gli stessi che assumono su di sé, e con le qualificazioni possedute, l’onere della esecuzione delle prestazioni contrattuali, a nulla rilevando che abbiano designato una consorziata non in possesso delle qualificazioni necessarie, essendo la prestazione in toto ricadente sul medesimo Consorzio stabile, che potrà provvedervi o direttamente o per il tramite di un'altra impresa consorziata.
La sentenza prosegue affermando:«Solo così ha un senso la qualificazione da parte della società organismo di attestazione (SOA) in capo direttamente al consorzio stabile; questo, in quanto titolare della necessaria qualificazione, è il contraente del contratto e solo alla sua qualificazione occorre fare riferimento».

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CONTRATTO DI LAVORI STIPULATO A CORPO

In caso di contratto di lavori stipulato a corpo, nessuna delle parti contraenti può pretendere una modifica del prezzo convenuto, sulla base di una verifica delle quantità delle lavorazioni effettivamente eseguite. Tuttavia, è evidente come l’importo dell’appalto possa subire modifiche in aumento o in diminuzione qualora in corso d’opera si manifesti, per cause riconducibili a quelle contemplate dalle disposizioni legislative vigenti, l’esigenza di introdurre modifiche al progetto posto a base d’appalto. E’ quindi possibile che si verifichi un incremento dell’importo contrattuale per effetto di ulteriori o diverse lavorazioni rispetto a quelle contemplate dal contratto, mentre non è consentito che tale incremento derivi da una mera ricalcolazione dell’importo delle opere sulla base dei prezzi unitari delle singole lavorazioni e delle quantità effettivamente eseguite. Deliberazione dell’AVCP n. 56 del 03/12/2008

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DIMOSTRAZIONE DEI REQUISITI DI CUI AGLI ARTT. 78 E 79 DEL D.P.R. 207/2010

L’AVCP ha pubblicato un manuale di dimostrazione dei requisiti di cui agli artt. 78 e 79 del D.P.R. 207/2010 (Regolamento del Codice dei Contratti) da parte degli operatori economici che intendono ottenere un attestato di qualificazione e delle procedure di verifica e valutazione da parte delle SOA.
Il documento, predisposto dall'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici in occasione dell'entrata in vigore in data 08/06/2011 del citato D.P.R. 207/2010, esamina ognuno dei requisiti richiesti, individuando per ciascuno di essi le corrette modalità operative cui devono attenersi le imprese in sede di istanza di attestazione e le SOA in sede di verifica degli stessi.
Nell'attività di verifica sulla veridicità delle dichiarazioni, le SOA sono tenute a richiedere, oltre al DURC, alla certificazione antimafia, ed al certificato del casellario giudiziale:
- la certificazione del Tribunale attestante l'inesistenza dello stato di fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo, nel caso di presentazione in merito della dichiarazione sostitutiva di cui al D.P.R. 445/2000.
- il certificato anagrafe sanzioni amministrative dipendenti da reato e la visura di tutte le iscrizioni riferite all’impresa, comprese quelle di cui non è fatta menzione nel certificato;
- la visura storica dell'impresa;
- l'attestazione di regolarità fiscale;
- la certificazione della Direzione Provinciale del Lavoro attestante l’osservanza da parte dell’impresa della normativa che disciplina il diritto al lavoro dei disabili.

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09 settembre 2011

BANDO DI GARA E CAPITOLATO SPECIALE D'APPALTO

Sul rapporto tra il bando di gara ed il capitolato speciale d’appalto in giurisprudenza, con la sentenza del 2 ottobre 2007, n. 2426 il Tar Puglia – Lecce ha affrontato il problema relativo alle conseguenze derivanti dalla eventuale discrepanza tra disposizioni del bando di gara e disposizioni contenute nel capitolato speciale d’appalto. La tematica esaminata nella pronuncia riguardava le prescrizioni relative alla dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara. In particolare, mentre il bando prevedeva a pena di esclusione la “ produzione di documentazione in fotocopia autocertificata” , ex art. 19 del d.P.R. n. 445/2000, al fine di comprovare i prescritti requisiti finanziari e requisiti tecnici, il capitolato nulla disponeva in merito.
Davanti al rilievo mosso dalla stazione appaltante circa la mancata produzione della documentazione richiesta e della conseguente adozione del provvedimento di esclusione, la ricorrente ha opposto che le prescritte condizioni di partecipazione all’appalto avrebbero dovuto (e potuto) essere dimostrate attraverso una semplice dichiarazione sostitutiva e non con la presentazione di apposita documentazione autocertificata e che, in ogni caso, - affermando una pretesa discrepanza tra norme del bando e quelle del capitolato - la documentazione citata non risultava richiesta dal capitolato.
I giudici – affidandosi ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (C.d.S. Sez. VI, n. 1101/1998 e n. 6286/2005) - hanno precisato che “ in caso di difformità tra norme del bando e quelle del capitolato, ai fini della soluzione di questioni” “ riguardanti direttamente la procedura selettiva, va data prevalenza alle prime atteso che il capitolato assolve la funzione di predeterminare l’assetto negoziale degli interessi delle parti - amministrazione ed impresa aggiudicataria - a seguito dell’espletamento della gara”

Il ragionamento espresso dai giudici è ineccepibile: bando di gara e capitolato – che troppo spesso vengono assimilati ( ed accomunati) nella locuzione lex specialis - hanno funzioni e finalità nettamente distinte:

- il bando di gara è destinato a disciplinare la procedura di gara, il c.d. procedimento selettivo e costituisce vera e propria lex specialis della gara;
- il capitolato speciale d’appalto è l’atto in cui trovano composizione i differenti interessi delle parti e in questo senso, risulta finalizzato a definire l’assetto negoziale delle posizioni soggettive espresse dalle parti nel momento successivo all’espletamento della gara. In sostanza se non il contratto vero e proprio, il capitolato costituisce un allegato e la base del contratto. Non a caso, il capitolato contiene - a titolo meramente esemplificativo – le clausole relative alla disciplina dell’esecuzione dell’oggetto dell’appalto, l’elencazione degli obblighi e dei diritti delle parti con le eventuali sanzioni, le clausole di garanzia, la disciplina delle procedure di pagamento delle prestazioni , le clausole che disciplinano gli sviluppi stessi del contratto etc. (In questo senso anche Tar Lazio – Roma, Sezione III quater, n.1609/2007, per cui il capitolato può avere contenuto integrativo ma mai sostitutivo delle clausole del bando, che si pone come fonte primaria di disciplina del procedimento di gara).
In questo senso, probabilmente in modo anche più incisivo, il C.d.S. sez. V n. 2005/6268, secondo il quale “ il bando di gara ed il capitolato speciale assolvono a differenti funzioni in quanto il primo regola, principalmente il procedimento, ed il secondo le complessive condizioni del futuro rapporto contrattuale (…) ne consegue che il bando costituisce la legge speciale del procedimento le cui clausole” vincolano l’Amministrazione, i concorrenti e la commissione di gara.
Sulla dimostrazione dei requisiti di partecipazione, il tribunale chiarisce come sia cosa differente dichiarare di possedere i requisiti dal documentarne il possesso, prescrizione quest’ultima che, sulla scorta di un consolidato orientamento giurisprudenziale (C.d.S. sez. V n. 5397/2001), se richiesta dalla stazione appaltante – tra l’altro a pena di esclusione - non può non essere adempiuta.

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ASSOCIAZIONE PER COOPTAZIONE: OBBLIGO DI SPECIFICA DICHIARAZIONE

La partecipazione ad una gara di una impresa in associazione per cooptazione è subordinata ad una espressa dichiarazione che costituisce requisito di partecipazione alla procedura.
Così ha deciso il Consiglio di Stato con la sentenza n. 8253 del 27 novembre 2010.
I giudici, nell’analisi dei motivi di impugnazione proposti dall’ATI ricorrente contro il provvedimento di aggiudicazione a favore di un’altra ATI, si soffermano in particolare sulla nozione di associazione per cooptazione. Questo istituto, infatti, contemplato "dall'art. 23 del d.lgs. n. 406/1991 ( di attuazione della direttiva 89/440/CEE in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici ), si caratterizza per la possibilità, da parte delle imprese che intendano riunirsi in associazione temporanea e con i requisiti di partecipazione, di associare altre imprese iscritte all' ( ex ) albo nazionale dei costruttori, anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell'importo complessivo dei lavori oggetto dell'appalto e che l'ammontare complessivo delle iscrizioni possedute da ciascuna di tali imprese fosse almeno pari all'importo dei lavori che sarebbero stati ad essa affidati.
La norma è stata ripresa nel comma 4 dell’art. 95 del regolamento n. 554/1999 (ora art. 92 del DPR 207/2010) per cui può ritenersi ancora operante l’istituto della cooptazione, il quale si caratterizza, come già anticipato, per la possibilità di far partecipare all'appalto anche imprese di modeste dimensioni, non suscettibili di raggrupparsi nelle forme previste dai commi 2 e 3 del citato art. 95, purché l'ammontare complessivo delle qualificazioni possedute sia almeno pari all'importo dei lavori che sarebbero stati ad essa affidati e i lavori eseguiti dalle cooptate non superino il 20% dell'importo complessivo dei lavori (cfr. Cons. Stato, sez. V, 1° settembre 2009, n. 5161; Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2001, n. 3129 e Id., 25 luglio 2006, n. 4655; nonché , ex plurimis, T.A.R. Salerno, sez. I, 7 luglio 2006, n. 954).”
Richiamati dunque i requisiti che le imprese devono rispettare per partecipare all’appalto utilizzando l’istituto in esame, deve essere evidenziato che la dichiarazione risultante dalla domanda di partecipazione alla gara costituisce ulteriore requisito di partecipazione della impresa cooptata. In sua assenza sarà pertanto configurabile la figura generale di associazione temporanea prevista dai commi 2 e 3 dell’art. 95 del regolamento 554/99.
Il percorso logico giuridico seguito dai giudici trova il suo fondamento nel rispetto della par condicio tra i partecipanti alla gara e nel principio per cui l’amministrazione non ha l’onere di verificare tutte le “ipotesi interpretative in astratto consentite dalla normativa vigente, al fine ricondurvi la tipologia realizzata da taluno dei concorrenti".
In conclusione, il tenore della dichiarazione condurrà la stazione appaltante a ritenere sussistente o un’associazione temporanea di imprese o un associazione per cooptazione, cui si riconnette un diverso onere di dimostrazione del possesso dei requisiti di qualificazione.

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08 settembre 2011

VARIAZIONI SUL PROGETTO A BASE DI GARA

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1925 del 29 marzo 2011, riformando parzialmente la precedente pronuncia dei TAR, si esprime sull'ammissibilità o meno di offerte che prevedono variazioni rispetto al progetto posto a base di gara; ricordando che la previsione esplicita della possibilità di presentare varianti progettuali in sede di offerta, già contemplata dalla Legge Merloni 109/1994, è stata generalizzata dall'art. 76 del Codice dei contratti pubblici con riferimento al criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa appalto. La stazione appaltante, in sede di redazione della lex specialis costituita dal bando di gara, deve indicare se le varianti sono ammesse e, in caso affermativo, identificare i loro requisiti minimi.
Il Consiglio di Stato ricorda come la ratio della scelta normativa riposi sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante abbia maggiore discrezionalità nella scelta del contraente, valutando non solo indicatori matematici ma la complessità dell'offerta proposta, sicché nel corso del procedimento di gara potrebbero rendersi necessari degli aggiustamenti rispetto al progetto base elaborato dall'amministrazione; nel caso invece di offerta selezionata col criterio del prezzo più basso, poiché tutte le condizioni tecniche sono predeterminate al momento dell'offerta e non vi è alcuna ragione per modificare l'assetto contrattuale, non è mai ammessa la possibilità di presentare varianti.
Tuttavia, a prescindere dalla espressa previsione di varianti progettuali in sede di bando, deve ritenersi insito nella scelta del criterio selettivo dell'offerta economicamente più vantaggiosa che, anche quando il progetto posto a base di gara sia definitivo, sia consentito alle imprese proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio dei concorrenti. Vengono quindi richiamati e confermati i criteri guida elaborati dalla giurisprudenza, relativi alle varianti in sede di offerta nelle gare di appalto; i quali prevedono che:
- debbano ritenersi ammesse varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell'opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell'oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla p.a.;
- risulti essenziale che la proposta tecnica sia migliorativa rispetto al progetto base, che l'offerente dia contezza delle ragioni che giustificano l'adattamento proposto e le variazioni alle singole prescrizioni progettuali, che si dia la prova che la variante garantisca l'efficienza del progetto e le esigenze della p.a. sottese alla prescrizione variata;
- vada riconosciuto un ampio margine di discrezionalità alla commissione giudicatrice, trattandosi dell'ambito di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

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02 settembre 2011

NUOVI MODELLI DI FORMULARI PER LA PUBBLICAZIONE DI BANDI E AVVISI

Pubblicato nella G.U.U.E. n. L-222 del 27 agosto 2011 il Regolamento UE n. 842/2011 della Commissione del 19 agosto 2011 (in vigore dal 16 settembre) che stabilisce modelli di formulari per la pubblicazione di bandi e avvisi nel settore degli appalti pubblici e che abroga il regolamento (CE) n. 1564/2005.

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