28 luglio 2010

SULLA POSSIBILITÀ PER LA COMMISSIONE DI GARA DI STABILIRE NUOVI E PIÙ SPECIFICI CRITERI VALUTATIVI RISPETTO A QUELLI STABILITI NEL BANDO DI GARA

L’art. 83, comma 4 del D.Lgs. n. 163/2006 prevede che “il bando per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub criteri e i sub pesi o i sub punteggi. Ove la stazione appaltante non sia in grado di stabilirli tramite la propria organizzazione, provvede a nominare uno o più esperti con il decreto o la determina a contrarre, affidando ad essi l’incarico di redigere i criteri, i pesi, i punteggi e le relative specificazioni, che verranno indicati nel bando di gara.” Il terzo correttivo (D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152 in G.U. 2 ottobre 2008) ha soppresso l’ultimo periodo dell’art. 83, comma 4 che prevedeva: “La commissione giudicatrice, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, fissa in via generale i criteri motivazionali cui si atterrà per attribuire a ciascun criterio e sub criterio di valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo prestabilito dal bando”.
La modifica introdotta ha reso più ristretti gli ambiti di libertà valutativa delle offerte, imponendo alle stazioni appaltanti di stabilire e prevedere, fin dalla formulazione della documentazione di gara, tutti i criteri di valutazione dell’offerta, precisando, ove necessario, anche i sub criteri e la ponderazione e cioè il valore o la rilevanza relativa attribuita a ciascuno di essi. E’ stato, così, eliminato ogni margine di discrezionalità in capo alla Commissione giudicatrice la quale, secondo la normativa previgente, poteva fissare, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, i criteri motivazionali cui si sarebbe attenuta per attribuire a ciascun criterio e sub criterio di valutazione il punteggio.
La giurisprudenza formatasi dopo l’entrata in vigore del terzo decreto correttivo, ha precisato che la Commissione giudicatrice non può, attraverso la previsione di sottovoci rispetto alle categorie principali già definite, introdurre elementi di specificazione dei criteri generali già stabiliti dal bando di gara, ciò deducendosi dalla lettera dell’art. 83, comma 4 del D.Lgs. n. 163/2006, il quale porta all’estremo la limitazione della discrezionalità della Commissione nella specificazione dei criteri, escludendo ogni facoltà di integrare il bando e, quindi, facendo obbligo a quest’ultimo di prevedere e specificare gli eventuali sotto criteri (TAR Lazio, Sez. I ter, 4 novembre 2009, n. 10828). [Parere dell’AVCP n. 38 del 25/02/2010]

19 luglio 2010

LE PAGINE DI COMPOSIZIONE DELL’OFFERTA PROGETTUALE

Prevedere un limite insuperabile (tanto da essere dettato addirittura a pena d’esclusione) per le pagine di composizione dell’offerta progettuale appare in piena e diretta contraddizione con il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, da cui emerge l’esigenza di attribuire rilievo al dato qualitativo e tecnico dell’offerta progettuale; limitarne quantitativamente l’estensione appare pregiudizievole per gli stessi interessi perseguiti dall’amministrazione, dovendo la stessa garantire la piena comprensione ed esplicazione degli elementi progettuali offerti. In proposito, costituisce principio consolidato quello della necessaria completezza dell’offerta tecnica (cfr. ad es. T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 14 ottobre 2009, n. 9903), anche al fine di garantire la conseguente piena valutazione da parte della stazione appaltante; infatti, l’ampia discrezionalità garantita alla stazione appaltante in sede di determinazione dei criteri e conseguente valutazione impone di assicurare la completezza dei dati e degli elementi offerti, non garantita all’evidenza da una predeterminata ed insuperabile limitazione quantitativa delle pagine dell’offerta tecnica. (Parere dell'AVCP n. 119 del 16/06/2010)

I REQUISITI DI CAPACITÀ TECNICA E PROFESSIONALE DEVONO ESSERE ADEGUATI ALL’OGGETTO DELLA PRESTAZIONE E AL VALORE PRESUNTIVO POSTO A BASE D’ASTA

In materia di requisiti di ammissione alle gare di appalto della Pubblica Amministrazione, le norme regolatrici, sia comunitarie che interne, prevedono fattispecie elastiche strutturate su concetti non tassativi, indeterminati, che implicano per la loro definizione da parte dell’interprete un rinvio alla realtà sociale (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 3448 del 4 giugno 2009).
Conseguentemente, rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara di appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo però il limite della logicità e ragionevolezza degli stessi e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito, in modo tale da non restringere oltre lo stretto indispensabile la platea dei potenziali concorrenti e da non precostituire situazioni di assoluto privilegio (cfr. AVCP, parere n. 83 del 29 aprile 2010, Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 8914 del 29 dicembre 2009; Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n.2304 del 3 aprile 2007; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 6534 del 23 dicembre 2008; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 9305 del 31 dicembre 2003, TAR Puglia Bari, Sez. I, n. 1511 del 28 aprile 2010; TAR Molise, Sez. I, n. 107, del 2 aprile 2008).
Peraltro lo stesso art. 42, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006 e smi, rubricato “Capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi”, nel prescrivere che i requisiti di capacità tecnica e professionale non possono eccedere l’oggetto dell’appalto, implicitamente richiede che l’individuazione di tali requisiti deve essere adeguata all’oggetto della prestazione e al valore presuntivo posto a base d’asta. (Parere dell'AVCP n. 120 del 16/06/2010)

PER IL PRINCIPIO DEL FAVOR PARTECIPATIONIS

Le lettere m-ter) ed e m-quater) nell’art. 38, relativo ai requisiti di carattere generale che ciascun concorrente deve possedere ai fini della partecipazione alla gara e della eventuale stipulazione del contratto, sono state introdotte soltanto di recente e rispettivamente con legge n. 94 del 15 luglio 2009, pubblicata in G.U. del 24.7.09, e con legge n. 166 del 20 novembre 2009, pubblicata in G.U. del 25.11.09 ed entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.
Sulla possibilità di ammettere a partecipare ad una procedura di gara la concorrente che non ha prodotto le dichiarazioni relative ai requisiti di cui all'articolo 38, comma 1, lettere m-ter) e m-quater) del D.Lgs n. n. 163/2006, laddove tale obbligo non sia stato previsto dal bando, dal disciplinare di gara, e neppure dallo schema di dichiarazione sostitutiva predisposto dalla stazione appaltante ed allegato al disciplinare stesso, ferma restando che le disposizioni dell’art. 38 fanno parte “di diritto” delle norme di partecipazione alla gara, non può non considerarsi che l’omessa menzione delle dichiarazioni in esame sia nel bando, sia nel disciplinare di gara, sia nel modello di domanda, costituisce comportamento equivoco della stazione appaltante in grado di trarre in errore i concorrenti, anche in considerazione del fatto che il disciplinare stesso rinvia espressamente ai modelli all'uopo predisposti dalla stazione appaltante.
In conformità al costante insegnamento della giurisprudenza e sulla base del principio di correttezza dell’azione amministrativa, come correlato alla clausola generale di buona fede, non è possibile traslare a carico del soggetto partecipante ad una gara le conseguenze di una condotta colposa della stazione appaltante, “attesa la duplice necessità di tutelare sia l'affidamento ingenerato nelle imprese partecipanti, sia l'interesse pubblico al più ampio possibile confronto concorrenziale, al fine di ottenere le prestazioni richieste ad un prezzo quanto più vantaggioso, in termini qualitativi e quantitativi, per l’Amministrazione”(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 3384 del 21 giugno 2007, Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 5064 del 17 ottobre 2008, Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 1186 del 12 marzo 2007).
Ne deriva che il principio del favor partecipationis e quello di tutela dell’affidamento ostano all’esclusione di un’impresa, nel caso in cui la compilazione dell’offerta risulti conforme al modulo approntato dalla stazione appaltante, potendo eventuali parziali difformità rispetto al disciplinare costituire oggetto di richiesta di integrazione (Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza n. 5692 del 18 novembre 2009, AVCP parere n. 78 del 15 aprile 2010, parere n. 34 del 10 febbraio 2010, parere n. 93 del 10 settembre 2009, parere n. 21 del 12 febbraio 2009, parere n. 1 del 20 settembre 2007, deliberazione n. 68 del 13 settembre 2006).
A ciò si aggiunga che la stazione appaltante nella predisposizione della lex specialis di gara, ha l’onere di indicare con estrema chiarezza ed inequivocità i requisiti richiesti alle imprese partecipanti, sí da evitare che il principio di massima concorrenza, cui si correla l’interesse pubblico alla individuazione dell’offerta migliore, possa essere in concreto vanificato da clausole equivoche o, quanto meno, dubbie, non percepibili con immediatezza (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12 marzo 2007, n. 1186). Il che comporta altresì la necessaria interpretazione nel senso più favorevole all’ammissione alla gara delle disposizioni non chiare. (Parere dell’AVCP n. 121 del 16/06/2010)

11 luglio 2010

LA DIRETTIVA 2008/96/CE SULLA GESTIONE DELLA SICUREZZA DELLE INFRASTRUTTURE STRADALI

Per il recepimento della direttiva 2008/96/CE, il MIT sta lavorando per elaborare, entro il 19.12.2010, il testo del decreto legislativo che trasporterà in ambito nazionale la norma europea, (la quale avrà, poi, piena attuazione entro il 19.12.2011, come previsto dalla stessa direttiva). La direttiva 2008/96/CE si riferisce esclusivamente alla rete TEN (Trans European Network), anche se, in fase di recepimento nell’assetto giuridico nazionale, sarebbe opportuno valutare una estensione del campo di applicazione anche al resto della rete extraurbana (specialmente se consideriamo che nel panorama italiano dell’incidentalità, la maggior parte della mortalità si concentra proprio sulle strade urbane ed extraurbane di libero transito).
La direttiva, in ogni caso, condurrà ad un miglioramento dell’attuale situazione, in quanto introduce alcuni concetti base con i quali dovremo confrontarci, come ad esempio il:
Road Safety Assessment (RSAS)
Road Safety Audit (RSA)
Road Safety Inspection (RSI)
Il Road Safety Assessment (RSAS) è la valutazione di impatto sulla sicurezza per le nuove tratte ovvero per i possibili interventi di miglioramento di tratte esistenti, il Road Safety Audit (RSA) è la valutazione dei progetti di nuove tratte e, infine, la Road safety Inspection (RSI) è l’analisi di sicurezza, periodica e scadenzata, sulle tratte già in esercizio.
Il testo della direttiva non cita il c.d. Road Safety Review (RSR), probabilmente in quanto trattasi di una analisi della sicurezza “una tantum”, quindi, non rientrante in quella logica di continuità e programmazione della sicurezza che, invece, la direttiva stessa auspica debba instaurarsi. Niente improvvisazioni, quindi, o analisi di sicurezza vincolate a sporadiche o contingenti disponibilità di budget, nessuna valutazione di sicurezza lasciata alla sensibilità o alla buona volontà di questo o quel dirigente dell’amministrazione, bensì una sicurezza strutturata e senza soluzione di continuità che dovà accompagnare tutto il ciclo di vita dell’infrastruttura, dalla fase progettuale a quella di esercizio e manutenzione (ordinaria e straordinaria). In definitiva, un vero e proprio sistema di Road Safety Management.
Per il nostro paese, questo rappresenta certamente una novità nell’approccio alla gestione della sicurezza stradale, almeno dal punto di vista strettamente infrastrutturale. Nel decreto di recepimento occorrerà esplicitare chiaramente i requisiti professionali degli auditor (valutatori della sicurezza ed ispettori della sicurezza), i criteri per il mantenimento dei requisiti, i criteri di terzietà ed indipendenza rispetto alla proprietà ed al gestore e, infine, i requisiti delle future strutture formative.

08 luglio 2010

IL COLLAUDO E LE RISERVE

La collaudazione è l’attività svolta da uno o più professionisti “esperti”, assolutamente estranei alla fase di progettazione e di realizzazione dell’opera o di direzione dei lavori, avente ad oggetto, fra le altre cose, anche “l’esame delle riserve dell’appaltatore, sulle quali non sia già intervenuta una risoluzione definitiva in via amministrativa, se iscritte nel registro di contabilità e nel conto finale dei modi stabiliti dal regolamento”.
La possibilità che la domanda presentata dall’appaltatore sia risolta in via amministrativa prima della collaudazione è statisticamente improbabile, in quanto le stazioni appaltanti tendono a posticipare quanto più è possibile il problema, in modo tale da poter risolvere, alla fine dei lavori, tutte le controversie derivanti dall’esecuzione – perfetta o imperfetta – dell’opera.

Proprio al fine di consentire il sindacato sulle domande presentate, l’art. 190 c. 1 lett. b) prevede che il R.U.P. trasmetta al collaudatore “l’originale di tutti i documenti contabili o giustificativi prescritti dal presente regolamento e di tutte le ulteriori documentazioni che fossero richieste dall’organo suddetto”.

Il collaudatore, ai sensi di quanto previsto dall’art. 195 c. 1 Reg., conclude la propria opera redigendo, oltre al certificato di collaudo, una relazione nella quale, fra l’altro, propone “le modificazioni da introdursi nel conto finale”.

La disposizione deve essere intesa nel senso che, in tale sede, il collaudatore può e deve proporre solo le modifiche necessarie al fine di rendere il conto finale conforme con le risultanze della contabilità sottoposta al suo esame ovvero allo stato di fatto dell’opera realizzata (cfr. art. 196 c. 1 Reg.), senza considerare a tal fine le domande presentate dall’appaltatore (salvo, ovviamente, quelle già sussunte nelle modifiche proposte dal collaudatore per fare collimare il conto finale con lo stato di fatto dell’opera realizzata), posto, infatti, che in relazione a queste ultime nonché alle eventuali penali da applicare – a condizione che non siano già state definite in via amministrativa – deve esporre “il proprio parere” nella relazione separata e riservata di cui all’art. 195 c. 2 Reg. (peraltro soggetta ad accesso con le medesime modalità previste per la relazione segreta al conto finale stilata dal R.U.P.).

Il certificato di collaudo (e non anche le relazioni) viene trasmesso all’appaltatore il quale, nei 20 giorni successivi, deve firmarlo curando, se lo ritiene necessario, di apporre, sempre a pena di decadenza, le domande che ritiene opportune “rispetto alle operazioni di collaudo”, avendo cura di osservare le medesime procedure e termini applicabili per le domande e le riserve alla contabilità dei lavori.

Le domande proponibili in questa sede sono chiaramente riferite alle sole operazioni tecniche di collaudo, senza necessità, pertanto, di confermare quelle già iscritte in contabilità dei lavori e nel conto finale. Infatti: il testo dell’art. 203 c. 1 ultimo periodo Reg. non coincide in modo perfetto con il testo del precedente art. 107 c. 1 ultimo periodo R.D. 350/1895 in forza del quale “all’atto della firma egli [l’appaltatore] può aggiungere le domande che crede nel proprio interesse, rispetto alle operazioni di collaudo, fermo il disposto del penultimo comma dell’art. 54 e dell’ultimo alinea dell’art. 64”; Il silenzio del legislatore in ordine al richiamo delle disposizioni (ora rinvenibili negli artt. 165 c. 5 e 174 c. 3 Reg.) è chiaro sintomo del fatto che la mancata riproposizione in sede di certificato di collaudo delle eccezioni già iscritte in contabilità non costituisca motivo di decadenza dalle medesime e conseguente tacita accettazione delle determinazioni operate dal collaudatore.

Quindi, le domande presentate in sede di sottoscrizione del certificato di collaudo devono essere strettamente attinenti alle operazioni “tecniche” di collaudazione; ovviamente, la loro mancata apposizione comporta decadenza dalla possibilità di fare valere motivi di doglianza relativi a tali operazioni tecniche.

05 luglio 2010

POSSESSO DEI REQUISITI DI PARTECIPAZIONE DI UN RAGGRUPPAMENTO DI TIPO ORIZZONTALE COSTITUITO DA DUE IMPRESE

E’ principio consolidato in giurisprudenza in materia di requisiti di partecipazione delle associazioni temporanee di imprese quello per cui sussiste una sostanziale coincidenza tra quote di qualificazione, quote di partecipazione al raggruppamento e percentuale di ripartizione nella esecuzione dei lavori, in ossequio al combinato disposto dell’articolo 37, comma 13, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e s.m., e dell’articolo 95 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e s.m.
Con specifico riferimento ai raggruppamenti di tipo orizzontale, l’articolo 95, comma 2, del D.P.R. n. 554/1999 e s.m. prevede che i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti dal bando per le imprese singole devono essere posseduti dalla mandataria nelle misure minime del 40% e che la restante percentuale è posseduta cumulativamente dalle mandanti ciascuna nella misura minima del 10% di quanto richiesto all’intero raggruppamento; è inoltre necessario che l’impresa mandataria in ogni caso possieda i requisiti in misura maggioritaria.
Proprio con specifico riguardo al possesso maggioritario dei requisiti da parte della mandataria, il citato ultimo periodo dell’articolo 95, comma 2, come precisato nel parere n. 236 del 5 novembre 2008, deve essere inteso con riferimento ai requisiti minimi richiesti per la partecipazione allo specifico appalto, in relazione alla classifica posseduta risultante dall’attestazione SOA e spesa ai fini dell’esecuzione dei lavori e non in assoluto. Non è pertanto consentito che, al fine di dimostrare da parte dell’associazione temporanea il possesso del 100% dei requisiti minimi, una mandante abbia una quota di importo superiore o uguale a quello della mandataria, rinvenendosi la ratio della norma nell’esigenza di assicurare che la mandataria sia effettivamente e non astrattamente il soggetto più qualificato in rapporto all’importo dei lavori a base d’asta.
In particolare, il criterio di verifica della misura maggioritaria non si identifica nel contributo potenziale della capogruppo alla copertura del requisito (cioè nella capacità della mandataria di assumere una quota dei lavori appaltati, da valutare sulla scorta delle qualificazioni da esse possedute), bensì occorre valorizzare il principio di corrispondenza sostanziale tra quota di qualificazione, quota di partecipazione e quella di esecuzione dei lavori desumibile dal combinato disposto dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 163/2006, degli articoli 93, comma 4 e 95 del D.P.R. n. 554/1999 e dell’articolo 3 del D.P.R. n. 34/2000.
In altri termini, per la verifica dell’osservanza dell’articolo 95, comma 2, D.P.R. n. 554/1999 occorre unicamente fare riferimento alla misura della classifica di qualificazione concretamente spesa dalle imprese raggruppate ai fini del raggiungimento dei requisiti minimi di ammissione alla gara e tale misura è esattamente segnata dalle rispettive quote di partecipazione.
Ne deriva che, qualora al raggruppamento temporaneo partecipano due sole imprese, l’aggettivo maggioritario – che connota la percentuale del possesso dei requisiti della capogruppo – indica che la mandataria deve spendere nella specifica gara una qualifica superiore al 50% dell’importo dei lavori e, quindi, maggiore dell’altra associata, perché solo in tal modo essa potrà possedere anche una qualifica superiore a quella del suo unico associato: la capogruppo deve così partecipare nella misura almeno del 50% più uno dell’importo dei lavori (in tal senso, cfr. anche CGA, sez. giur., sentenza n. 306 dell’11 aprile 2008; TAR Sardegna, sez. I, sentenza n. 1181 dell’11 giugno 2008).
Nel caso di specie, pertanto, il costituendo raggruppamento temporaneo, avendo dichiarato che le quote di attività erano ripartite al 50% tra le parti e, conseguentemente, riportato per entrambe le società l’attribuzione ed il possesso al 50% delle categorie richieste, per le ragioni sopra esposte non può ritenersi qualificato per la partecipazione alla gara. In tal modo, infatti, il suddetto raggruppamento viola la citata disposizione del Regolamento, che impone alla mandataria il possesso maggioritario dei requisiti minimi prescritti dalla lex specialis, non raggiungendo il 50% più uno, previsto dall’ordinamento.
Ne consegue che la violazione della richiamata normativa generale in materia di raggruppamenti orizzontali rappresenta, di per sé, motivo di esclusione del raggruppamento concorrente, a prescindere dalla specifica motivazione indicata a supporto del provvedimento di esclusione dalla stazione appaltante durante le operazioni di gara. (Parere di Precontenzioso n. 43 del 02/04/2009)

MANCATA INDICAZIONE DELLE QUOTE DI PARTECIPAZIONE DI UN RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE IN SEDE DI PARTECIPAZIONE ALLA PROCEDURA DI GARA

L’Autorità ha più volte avuto modo di chiarire che è onere dell’associazione temporanea di imprese indicare nella domanda di partecipazione, ovvero nella dichiarazione nella quale le imprese rappresentano all’Amministrazione l’intendimento a costituire un’associazione temporanea di imprese, le relative quote di partecipazione, precisando altresì che tale adempimento sussiste anche qualora non vi sia un’esplicita indicazione in tal senso nel bando di gara, che deve intendersi integrato dalla inderogabile previsione di cui all’articolo 37, commi 3 e 13, del D.Lgs. n. 163/2006 (in tal senso, cfr. parere n. 124 del 22 novembre 2007).
Considerato che per la verifica dell’osservanza del possesso in capo all’associazione temporanea dei requisiti minimi di partecipazione occorre fare riferimento alla misura della classifica di qualificazione concretamente spesa dalle imprese raggruppate ai fini del raggiungimento dei requisiti minimi di ammissione alla gara e che tale misura è esattamente segnata dalle rispettive quote di partecipazione al raggruppamento, la verifica dei suddetti requisiti in relazione alle singole quote di partecipazione deve effettuarsi in fase di controllo dell’ammissibilità delle offerte.

Dal momento che i plichi contenenti le offerte economiche vengono aperti successivamente alle verifiche sopra indicate, è onere dell’associazione temporanea di imprese indicare nella domanda di partecipazione, ovvero nella dichiarazione nella quale rappresentano all’Amministrazione l’intendimento di costituire un raggruppamento temporaneo, le rispettive quote di partecipazione (in tal senso, cfr. parere n. 52 del 17 ottobre 2007, nonché Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 5260 del 9 ottobre 2007, sentenza n. 3873 del 20 agosto 2008; sez. VI, sentenza n. 416 dell’8 febbraio 2008).

Fermo restando, dunque, che è principio consolidato in materia di contratti pubblici la sussistenza dell’onere in capo alle imprese che costituiscono un raggruppamento temporaneo di indicare nella domanda di partecipazione le relative quote di partecipazione, si rileva, altresì, che nella fattispecie in questione è proprio la lex specialis a prevedere una specifica prescrizione al riguardo, corredandola espressamente della sanzione dell’esclusione.
Infatti, al cui punto “4.1.) del bando “Situazione personale degli operatori, requisiti di partecipazione e condizioni minime di carattere tecnico-economico” si legge: “Per le associazioni temporanee di imprese e per i consorzi di tipo orizzontale i requisiti economico finanziari e tecnico organizzativi richiesti nel presente bando devono essere posseduti, nella misura di cui all’articolo 95, comma 2, del D.P.R. n. 554/1999 e nella misura di cui all’articolo 95, comma 3, del medesimo D.P.R. per A.T.I. e consorzi di tipo verticale. L’impegno di costituire A.T.I. o il raggruppamento, al fine di garantirne l’immodificabilità ai sensi dell’articolo 37, comma 9, del D.Lgs. n. 163/2006, deve specificare il modello, se orizzontale, verticale, misto ed anche se vi sono imprese cooptate, nonché le parti dell’opera secondo le categorie del presente bando che verranno eseguite da ciascuna associata ai sensi del’articolo 95, comma 4, del D.P.R. n. 554/1999. La mancata indicazione dei suddetti elementi relativi alle forme di associazione, salvo che questi possano essere ricavati con immediatezza e senza incertezze dalla qualificazione delle imprese associate, costituisce motivo di esclusione dalla gara.”

04 luglio 2010

IL CONTO FINALE DEI LAVORI E LA RIPETIZIONE DELLE RISERVE

Una volta apposte sul registro di contabilità, le domande dell’appaltatore devono essere ripetute sul conto finale, ossia sul documento che il direttore dei lavori, a seguito del ricevimento della comunicazione di ultimazione dei lavori, ha il dovere di redigere – ai sensi dell’art. 173 c. 1 Reg. – entro il termine appositamente stabilito dal capitolato speciale.
La stesura del conto finale è preceduta dall’effettuazione delle necessarie annotazioni sul registro di contabilità il quale dovrà pertanto essere rimesso all’appaltatore affinché lo sottoscriva provvedendo ad iscrivere, se lo ritiene opportuno, le proprie domande (direttamente o previa riserva da esplicitare nel consueto modo).
Il conto finale, da redigere con modalità identiche a quelle previste per il S.A.L., deve essere trasmesso al R.U.P. unitamente ad una relazione riassuntiva di tutte le vicende dell’appalto alla quale devono essere allegati, fra gli altri, i documenti costituenti la contabilità di cantiere.
A seguito della trasmissione, il conto finale viene esaminato dal R.U.P. che, controllata la contabilità di cantiere, invia l’appaltatore a prenderne visione ed a sottoscriverlo entro un termine non superiore a 30 giorni (art. 174 c. 1 Reg.).
La sottoscrizione dell’appaltatore non è richiesta per un mero fine “certificativo”; in tale sede, infatti, dovrà confermare, a pena di decadenza, le domande già iscritte in contabilità ed in ordine alle quali non sia intervenuto accordo bonario o comunque definizione in via amministrativa. La necessità di tale conferma è ribadita anche dall’art. 187 c. 2 Reg., laddove è disposto che “il collaudo comprende anche l’esame delle riserve dell’appaltatore, sulle quali non sia già intervenuta una risoluzione definitiva in via amministrativa, se iscritte nel registro di contabilità e nel conto finale nei modi stabiliti da presente regolamento”.
L’appaltatore, pertanto, non può iscrivere nuove domande né presentare nuove riserve; non può nemmeno modificare le eccezioni già ritualmente e tempestivamente proposte nei documenti contabili, salva solo la facoltà, riconosciuta dall’art. 174 c. 2 Reg. di “aggiornarne l’importo”, sia in diminuzione sia (come solitamente accade) in aumento.
Questo aggiornamento, però, deve:

- anzitutto, riferirsi agli eventi ed ai fatti pregiudizievoli in ordine ai quali è stata iscritta apposita domanda; al contrario, infatti, questa sarebbe senza dubbio tardiva e, come tale, non solo non accoglibile in punto di merito, ma addirittura nemmeno valutabile da parte della stazione appaltante.

- inoltre, essere conseguente a fatti o circostanze occorse in un momento successivo rispetto all’iscrizione della domanda originaria.

A tal proposito, peraltro, bisogna dire che il semplice decorso del tempo è già elemento sufficiente a consentire l’aggiornamento in ordine agli interessi maturati sulla somma oggetto della domanda.
La disposizione esaminata prevede che le domande non riproposte si intendono rinunciate: la conferma delle eccezioni già proposte costituisce, infatti, onere di particolare importanza per l’appaltatore; onere la cui inosservanza comporta la definitiva accettazione del conto finale così come stilato dal direttore dei lavori.
Ciò significa, nella sostanza, che le riserve iscritte nei documenti contabili e non definite né in via amministrativa né in via bonaria né tantomeno riprodotte dall’appaltatore al momento della sottoscrizione del conto finale, si intendono da questi defintivamente rinunciate.
Medesimo effetto decadenziale è previsto per il caso di mancata sottoscrizione del conto finale entro il termine perentorio di 30 giorni sopra richiamato (cfr. art. 174 c. 3 Reg.).
Ad ogni modo, una volta sottoscritto dall’appaltatore ovvero scaduto il termine concesso dal R.U.P., questi trasmette il conto finale, unitamente ai documenti di cui all’art. 175 c. 1 Reg. e ad una propria relazione finale riservata con la quale esprime il proprio parere in ordine alla fondatezza delle domande iscritte dall’appaltatore per le quali non sia ancora intervenuto l’accordo bonario previsto dall’art. 149 Reg..
In particolare, il R.U.P. dovrà, per le domande tardive o comunque non tempestivamente confermate in sede di sottoscrizione del conto finale da parte dell’appaltatore, segnalare l’impossibilità del loro accoglimento ma altresì l’inutilità di una loro valutazione, stante la già intervenuta decadenza.