31 maggio 2010

ATTIVITÀ EDILIZIA LIBERA

Pubblicata sulla G.U. n. 120 del 25 maggio 2010 la legge 22 maggio 2010, n. 73, di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, che riscrive l'articolo 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo unico edilizia) introducendo la liberalizzazione di taluni interventi minori, compresa (a determinate condizioni) la manutenzione straordinaria.

Art. 6 (L) - Attività edilizia libera
(Legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 9, lett. c); legge 9 gennaio 1989, n. 13, art. 7, commi 1 e 2; decreto legge 23 gennaio 1982, n. 9, art. 7, comma 4, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94)
(articolo così sostituito dall'articolo 5 della legge n. 73 del 22.5.2010)

1. Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo:

a) gli interventi di manutenzione ordinaria;

b) gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio;

c) le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, e che siano eseguite in aree esterne al centro edificato;

d) i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari;

e) le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola.
(ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 128 del 2006 «L'installazione dei depositi di gas di petrolio liquefatti di capacità complessiva non superiore a 13 mc è considerata, ai fini urbanistici ed edilizi, attività edilizia libera, come disciplinata dall'articolo 6 del d.P.R. n. 380 del 2001»)

2. Nel rispetto dei medesimi presupposti di cui al comma 1, previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale, possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo i seguenti interventi:

a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;

b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni;

c) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati;

d) i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;

e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.

3. L’interessato agli interventi di cui al comma 2 allega alla comunicazione di inizio dei lavori le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore e, limitatamente agli interventi di cui alla lettera a) del medesimo comma 2, i dati identificativi dell’impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori.

4. Limitatamente agli interventi di cui al comma 2, lettera a), l’interessato, unitamente alla comunicazione di inizio dei lavori, trasmette all’amministrazione comunale una relazione tecnica provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali, a firma di un tecnico abilitato, il quale dichiari preliminarmente di non avere rapporti di dipendenza con l’impresa né con il committente e che asseveri, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo.

5. Riguardo agli interventi di cui al presente articolo, l’interessato provvede, nei casi previsti dalle vigenti disposizioni, alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale nel termine di cui all’articolo 34-quinquies, comma 2, lettera b), del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80.

6. Le regioni a statuto ordinario:

a) possono estendere la disciplina di cui al presente articolo a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti dai commi 1 e 2;

b) possono individuare ulteriori interventi edilizi, tra quelli indicati nel comma 2, per i quali è fatto obbligo all’interessato di trasmettere la relazione tecnica di cui al comma 4;

c) possono stabilire ulteriori contenuti per la relazione tecnica di cui al comma 4, nel rispetto di quello minimo fissato dal medesimo comma.

7. La mancata comunicazione dell’inizio dei lavori ovvero la mancata trasmissione della relazione tecnica, di cui ai commi 2 e 4 del presente articolo, comportano la sanzione pecuniaria pari a 258 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l’intervento è in corso di esecuzione.

8. Al fine di semplificare il rilascio del certificato di prevenzione incendi per le attività di cui ai commi 1 e 2, il certificato stesso, ove previsto, è rilasciato in via ordinaria con l’esame a vista. Per le medesime attività, il termine previsto dal primo periodo del comma 2 dell’articolo 2 del regolamento di cui al d.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37, è ridotto a trenta giorni.

QUALIFICAZIONE - VERIFICA TRIENNALE DELL’ ATTESTAZIONE SOA

In base all’art. 15, comma 5, del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. b del D.P.R. 10 marzo 2004 n. 93) “La durata dell’efficacia dell’attestazione è pari a cinque anni con verifica triennale del mantenimento dei requisiti di ordine generale, nonché dei requisiti di capacità strutturale di cui all’articolo 15-bis”.
A sua volta, l’art. 15 bis dello stesso D.P.R. n. 34/2000 (inserito dall’art. 1, comma 1, lett. c del D.P.R. 10 marzo 2004 n. 93), ai commi 1, 5 e 6, prescrive testualmente:
“1. Almeno sessanta giorni prima della scadenza del previsto termine triennale, l’impresa deve sottoporsi alla verifica di mantenimento dei requisiti presso la stessa SOA che ha rilasciato l’attestazione oggetto della revisione; la SOA nei trenta giorni successivi compie l’istruttoria.
...omissis...
5. Dell’esito della procedura di verifica la SOA informa contestualmente l’impresa e l’Autorità, inviando copia del nuovo attestato revisionato o comunicando l’eventuale esito negativo; in questo ultimo caso l’attestato perde validità dalla data di ricezione della comunicazione da parte dell’Impresa. L’efficacia della verifica decorre dalla data di scadenza del triennio della data di rilascio della attestazione; ove la verifica sia compiuta dopo la scadenza predetta, la efficacia della stessa decorre dalla ricezione della comunicazione da parte della Impresa.
6. L’Osservatorio per i lavori pubblici provvede a inserire l’esito della verifica nel casellario informatico”.
Dalle norme richiamate si desume che:
- la durata di efficacia dell’attestazione SOA è complessivamente di cinque anni, purché prima dello scadere del triennio l’impresa si sottoponga a verifica e questa dia esito positivo;
- gli effetti della verifica triennale, ove compiuta prima della scadenza del triennio, decorrono:
• dalla data di scadenza del triennio, nel caso di esito positivo;
• dalla data di ricezione della relativa comunicazione da parte dell’impresa interessata, in caso di esito negativo;
- l’impresa ha l’onere di sottoporsi a verifica nell’imminenza della scadenza del triennio (almeno sessanta giorni prima di questa), dal momento che, ove la verifica sia compiuta dopo il triennio e dia esito positivo, i suoi effetti decorrono non dalla scadenza del periodo triennale, bensì dalla ricezione della relativa comunicazione da parte dell’impresa stessa (Cfr. art. 15 bis, comma 5, seconda parte, prima riportato). Ciò dimostra che la verifica ha efficacia costitutiva, non potendo attribuirsi ad essa un mero valore ricognitivo.
Conseguentemente, nel caso in cui l’impresa, alla scadenza del triennio, per qualsiasi motivo si sottragga alla verifica (perché questa comporta dei costi notevoli o per altra ragione), essa “non può partecipare alle gare nel periodo decorrente dalla data di scadenza del triennio alla data di effettuazione della verifica con esito positivo”.
In tal senso si è pronunciata l’Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici con Determinazione 21 aprile 2004 n. 6, emanata nell’esercizio del potere di regolazione interpretativa, basato sul disposto di cui all’art. 4, comma 16, lettera g della L. n. 109/1994 e successive modificazioni (Cfr. Cons. Stato, IV, 5 aprile 2003, n. 203; Cons. Stato, V, 30 ottobre 2003, n. 6760). (T.A.R. Sicilia, Sez. Catania, Sezione IV,10 aprile 2006, n. 539)

27 maggio 2010

ATTESTAZIONE DI QUALIFICAZIONE PER LA PROGETTAZIONE E PER LA COSTRUZIONE

DETERMINAZIONE dell’AVCP n. 27 del 16 ottobre 2002
Prime indicazioni sulla applicazione della legge 1 agosto 2002, n. 166. (estratto)
............................................................................................................................................
G) Per quanto riguarda le modifiche apportate all’appalto integrato (art. 19, comma 1, lettera b), è stato richiesto se i concorrenti, in base alla nuova normativa, debbano possedere l’attestazione di qualificazione per la progettazione e per la costruzione, oppure possono partecipare alla gara con la qualificazione per sola costruzione. E’ stato chiesto, inoltre, se è sufficiente il possesso dell’attestazione di progettazione e costruzione, oppure è necessario anche la dimostrazione del possesso dei requisiti previsti per l’affidamento dei servizi di progettazione, o di requisiti progettuali individuati in via discrezionale dalla stazione appaltante. Infine, è stato formulato il quesito se, nel caso che il concorrente sia in possesso della attestazione di qualificazione per sola costruzione, i requisiti dei progettisti dallo stesso indicati o associati debbano essere quelli previsti per l’affidamento dei servizi di progettazione determinati sulla base dell’importo globale dell’appalto oppure sulla base di tale importo al netto delle spese di progettazione.
Per quanto riguarda il primo quesito, in base al combinato disposto dell’articolo 3, commi 2 e 8, del d.P.R. n. 34/2000 e dell’articolo 19, comma 1-ter, della legge n. 109/1994, si può ritenere che, al fine di partecipare ad un appalto integrato, qualunque ne sia l’importo, i concorrenti possono essere in possesso sia della attestazione di qualificazione per progettazione e costruzione, sia di quella per sola costruzione.
In caso di possesso dell’attestazione per progettazione e costruzione, è necessario che la relativa classifica sia sufficiente a coprire la somma degli importi dei lavori, della sicurezza e della progettazione e che il concorrente sia inoltre in possesso dei requisiti previsti dall’art. 63, comma 1, lettera o) (nel caso che l’importo delle spese di progettazione sia compreso fra euro 100.000 e la soglia di applicazione della disciplina comunitaria) oppure dall’art. 66 (nel caso che l’importo delle spese di progettazione sia pari o superiore alla soglia di applicazione della disciplina comunitaria), del d.P.R. 554/1999.
Nel caso, invece, del possesso dell’attestazione di sola costruzione oppure del possesso di attestazione per progettazione e costruzione ma in carenza degli ulteriori specifici requisiti in precedenza indicati, è necessario che la classifica dell’attestazione posseduta sia sufficiente a coprire la somma degli importi dei lavori e della sicurezza e che il concorrente indichi o associ un progettista e che il progettista indicato o associato possegga i requisiti specifici di cui alla lettera o) del primo comma dell’art. 63 o dell’art. 66 del d.P.R. n. 554/1999.
Con specifico riferimento, poi, a detti ultimi requisiti, si ritiene che gli stessi debbano essere quantificati, per quanto riguarda quelli di cui all’art. 66, comma 1, lettera a), del d.P.R. 554/1999, con riferimento all’ammontare delle spese di progettazione esecutiva indicato nel bando di gara e per quanto riguarda quelli di cui all’art. 63, lettera o) e all’art. 66, comma 1, lettere b) e c), con riferimento all’importo dei lavori di ognuna delle classi e categorie cui si suddivide l’intervento, individuate sulla base dell'elencazione contenuta nelle vigenti tariffe professionali.
Si ritiene, poi, che i requisiti medesimi, nel caso in cui il concorrente non indichi o associ un progettista, debbano essere dimostrati con riferimento ai progetti esecutivi redatti direttamente dalla struttura tecnica del concorrente stesso, determinando, ai fini del requisito di cui all’articolo 66, comma 1, lettera a), del d.P.R. 554/1999, i corrispettivi che sarebbero spettati, sulla base della tariffa professionale vigente al momento della redazione dei progetti, a professionisti non appartenenti alla suddetta struttura tecnica del concorrente medesimo.

26 maggio 2010

APPALTO INTEGRATO E INCARICATI DELLA PROGETTAZIONE

Partendo dal presupposto giuridico che l’offerta, ove presentata da un raggruppamento costituendo, debba essere sottoscritta da tutte le imprese che entreranno a far parte dell’associazione (e ciò in quanto, mancando allo stato un soggetto che rivesta la qualità di mandatario, l’imputazione degli effetti giuridici e la responsabilità per la presentazione dell’offerta stessa deve far capo, unitariamente ed indistintamente, a tutti coloro che si propongano di costituire un’ATI), deve altresì evidenziarsi che, laddove si sia in presenza di un appalto “integrato” e, conseguentemente, sia consentito associare ad un’impresa singola e/o ad un raggruppamento (costituito e/o costituendo) un professionista incaricato dello svolgimento dell’attività di progettazione, la regola sintetizzata al precedente alinea non trova ulteriore espansione: ciò in quanto il professionista non entra a far parte del raggruppamento (costituendo), ma il relativo ambito funzionale e di responsabilità è astretto nei limiti dell’incarico di progettazione al medesimo affidato dalle imprese raggruppande; non assumendo conseguentemente il professionista stesso alcuna responsabilità – relativamente alla presentazione dell’offerta – diversa e/o ulteriore rispetto a quella strettamente inerente alla prestazione (predisposizione dell’elaborato progettuale) al medesimo demandata.
Si segnala la sentenza numero 3305 del 17 aprile 2008 emessa dal Tar Lazio, Roma:
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Conclusioni omogenee a quelle precedentemente esposte sono già state affermate con la sentenza n. 2394 del 19 marzo 2007, resa dalla Sezione II del Tar Lazio, Roma, nella quale si afferma l’illegittimità della clausola del bando di gara che prescriva all’impresa concorrente la firma dell’offerta da parte non dei soli progettisti formalmente associati, ma anche di quelli dalla stessa indicati al fine di avvalersi della loro attività, ex art. 19, comma 1, lett. b) e comma 1-ter della legge 109/1994, in quanto tale clausola è priva di giustificazione logica, stante la responsabilità del solo appaltatore nei riguardi della stazione appaltante, ex art. 19, comma 1-ter, della citata legge.

24 maggio 2010

SULL'APPALTO INTEGRATO (ART. 53)

Nell’appalto integrato di cui all’articolo 19 della legge n. 109/1994 il concorrente è l’appaltatore che partecipa alla gara, il quale deve dimostrare nell’offerta il possesso dei requisiti professionali previsti dal bando per la redazione del progetto esecutivo, anche mediante l’eventuale ricorso ai progettisti esterni. Ciò in quanto, a differenza delle gare di incarichi di progettazione, nell’appalto integrato i progettisti non assumono la qualità di concorrenti, né quella di titolari del rapporto contrattuale con l’amministrazione in caso di eventuale aggiudicazione, trattandosi di semplici collaboratori esterni delle imprese partecipanti alla gara. (in tal senso: TAR Lazio, Roma, sez. I, sentenza 17 aprile 2008 n. 3305 e TAR Sicilia, sez. I, Catania, sentenza 2 ottobre 2006 n. 1544). Conseguentemente, la normativa di settore non impone alcuna prescrizione in merito alla sottoscrizione dell’offerta anche da parte del progettista. Parere di Precontenzioso dell’AVCP n. 190 del 10/07/2008

La fattispecie dell'appalto integrato si caratterizza per il fatto che il progetto esecutivo è affidato all'impresa aggiudicataria essenzialmente al fine di far compiere ad un unico soggetto, l'appaltatore, le scelte di dettaglio: l'impresa aggiudicataria dell'appalto integrato dovrà redigere il progetto esecutivo in conformità al progetto definitivo "senza apprezzabili differenze di tecniche e di costo" come si legge nel comma 4 dell'articolo 25 del d.P.R. 554/1999. Per quanto attiene, in particolare, alle proposte migliorative sul progetto definitivo posto a base di gara, si precisa che le stesse non possono, come tutte le varianti, alterare la sostanza del progetto. Parere di Precontenzioso dell’AVCP n. 120 del 22/11/2007

Negli appalti di progettazione ed esecuzione di cui all’art. 53, c. 3 del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con i soggetti qualificati per la progettazione. La citata disposizione consente all'impresa priva dei requisiti di qualificazione per la progettazione, la più ampia libertà nell'individuazione della forma di collaborazione professionale che intende effettuare con il progettista. Al riguardo si fa presente che i progettisti non assumono la qualità di concorrenti, né quella di titolari del rapporto contrattuale con l’Amministrazione in caso di eventuale aggiudicazione. Parere di Precontenzioso dell’AVCP n. 54 del 23/10/2007

Nella procedura di affidamento di un appalto integrato non vengono poste in essere due separate ed autonome procedure per l’individuazione del progettista e dell’appaltatore. Pertanto, il rinvio agli articoli 91, comma 2 e 57, comma 6 del d. Lgs. n. 163/2006, contenuto nei bandi non trova riscontro alcuno nella disciplina di settore. Deliberazione dell’AVCP n. 164 del 23/05/2007

19 maggio 2010

I REQUISITI ECONOMICO-FINANZIARI E TECNICO-ORGANIZZATIVI DELLE IMPRESE ASSOCIATE

Occorre innanzitutto distinguere tra associazioni di tipo orizzontale e associazioni di tipo verticale.
In caso di associazioni o consorzi di tipo orizzontale, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi, richiesti nel bando di gara per le imprese singole, devono essere posseduti dall'impresa mandataria o da un 'impresa consorziata nella misura minima del 40%; la restante percentuale è posseduta, cumulativamente, dalle mandanti o dalle altre imprese consorziate, ciascuna nella misura minima del 10% di quanto richiesto all'intero raggruppamento.
L'impresa mandataria, in ogni caso, possiede i requisiti in misura maggioritaria.
In caso di associazioni temporanee o consorzi di tipo verticale, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi devono essere posseduti dalla impresa mandataria nella categoria prevalente; quanto alle imprese mandanti, ciascuna deve possedere i requisiti previsti per l'importo dei lavori scorporati che intende assumere e nella misura indicata per la singola impresa.
Qualora le mandanti non si qualificano per tutte le opere scorporabili, l'impresa capogruppo dovrà supplire con i suoi requisiti, ovviamente con riferimento alla categoria prevalente.

18 maggio 2010

IMPRESA CHE NON HA TERMINATO LE PRECEDENTI OPERE

Il requisito, richiesto nel bando di una gara pubblica, attinente al compimento di una analoga opera effettuata nei 5 anni precedenti il bando stesso deve essere interpretato come riferito a lavori portati a termine.
In questo senso la sentenza n. 14/2010 del Consiglio di Stato che ha ritenuto legittimo il provvedimento di esclusione determinato dalla Commissione di gara in quanto non erano sussistenti i requisiti richiesti nel bando, in particolare quello dell’esecuzione di un lavoro di importo non inferiore a nove milioni di euro effettuato da una consorziata che invece risultava frazionato (un lavoro da 5 milioni ed uno da 4) nonche` il possesso dei requisiti da due diverse consorziate anziche`, come descritto nel disciplinare, da una impresa Ati.
Infine il C.d.S. ha sostenuto irragionevole l’equiparazione tra “avere eseguito” e “avere in corso di esecuzione” il lavoro analogo ai fini dell’ammissione del Consorzio alla gara; infatti e` differente la situazione di un’azienda che ha portato a termine correttamente lavori di una certa entita` da quella che ne ha preso solo l’appalto od ha appena iniziato i lavori.

17 maggio 2010

DENUNCIA DELLE OPERE IN CEMENTO ARMATO NORMALE E PRECOMPRESSO E DELLE STRUTTURE METALLICHE

La LEGGE REGIONALE 5 gennaio 2000, n. 1 sul “Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del decreto legislativo n. 112 del 1998”, all’art. 3, comma 83, stabilisce che sono delegate ai comuni le funzioni relative a:

a) ricevimento delle denunce di opere in cemento armato normale e precompresso e di strutture metalliche di cui alla legge 5 novembre 1971, n. 1086 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica), oggi confluita nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” (G.U. n. 245 del 20 ottobre 2001- s.o. n. 239).

I chiarimenti in ordine alle procedure connesse alle funzioni di vigilanza e controllo sono contenuti in una circolare della Direzione regionale competente del 16/3/2005, inviata agli STER, all'Ance, ai Comuni, agli ordini degli Ingegneri e degli architetti.
Lo STER è la Struttura Territoriale della Regione Lombardia con sede decentrata nelle varie provincie. Ha assorbito le funzioni dell'ex Genio Civile e ha competenza per lo Sviluppo del Territorio (acque, piani territoriali, opere pubbliche, difesa del suolo, ecc.).

16 maggio 2010

QUOTA DI PARTECIPAZIONE DI CIASCUN COMPONENTE IL R.T.I.

Parere dell’AVCP n. 41 del 25/02/2010.
Il bando di gara prevedeva espressamente che “a pena di esclusione, i R.T.I dovranno indicare, distintamente per categoria, la quota di partecipazione di ciascun componente l’associazione, comunque nei limiti dei requisiti posseduti”.
Al riguardo lo stesso bando stabiliva gli importi dei lavori di cui è composto l’intervento come di seguito indicato: OG3 per € 3.670.896,75 (categoria prevalente), OS24 per € 639.279,76, OG11 per € 500.075,53 (categorie scorporabili e subappaltabili) e OS10 per € 15.131,66 (non rilevante ai fini della qualificazione).
Il costituendo RTI proponeva al riguardo, nel rispetto di quanto stabilito al comma 13 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 163 /2006, di fornire i requisiti minimi previsti dalla legge nella seguente proporzione:
- La capogruppo, con la propria iscrizione SOA nella Categoria OG3 classifica IV, concorre all’integrazione del requisito richiesto nella percentuale del 84,414% di detta categoria, mentre con la propria iscrizione SOA nella categoria OS24 classifica V, concorre all’integrazione del requisito richiesto nella percentuale del 100% di detta categoria;
- la mandante, con la propria iscrizione SOA nella categoria OG3, classifica IV, concorre all’integrazione del requisito richiesto nella percentuale del 15,586%. Le predette imprese raggruppate dichiaravano, altresì, la quota percentuale globale di partecipazione al raggruppamento in misura, rispettivamente, del 77% e del 23%.
Ciò premesso, la stazione appaltante ha correttamente ritenuto che l’impresa capogruppo non possedesse il requisito dell’iscrizione alla categoria generale OG3 per la classifica adeguata agli importi previsti nel bando, considerando come termine di partecipazione la percentuale espressamente dichiarata del 84,414%.
Risulta, infatti, che la suddetta impresa è iscritta nella categoria OG3, classifica IV, che per legge dà la possibilità al soggetto di partecipare alle gare per l’affidamento di lavori sino all’importo di € 2.582.284, che in virtù dell’art. 3, comma 2, del D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34 può essere incrementato di un quinto e raggiungere quindi € 3.098.740,80, mentre l’importo assunto con la dichiarata percentuale del 84,414% di detta categoria OG3, (prevista dal bando per un importo di € 3.670.896,75) risulta essere pari a € 3.098.750,75.
La prevalenza dell’importo dichiarato su quello effettivamente posseduto, ancorché di soli € 10, conduce a ritenere mancante per la capogruppo il requisito in questione per classifica adeguata e, quindi, corretta l’esclusione disposta dalla stazione appaltante. Né la discrepanza di cui trattasi può essere intesa come un mero errore materiale nella dichiarazione, emendabile secondo il dettato dell’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006, attesa l’esplicita e non equivoca previsione di un puntuale e formale obbligo di dichiarare, per categoria, la quota di partecipazione di ciascun componente il RTI, espressamente corredato dalla sanzione dell’esclusione. Peraltro, l’incremento del quinto previsto dal citato art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 34/2000 è stabilito dal legislatore in modo vincolante per la stazione appaltante, senza alcuna possibilità di aumentare tale limite fino a compensare il suddetto valore differenziale.

12 maggio 2010

DISPOSIZIONI ATTE A LIMITARE LA PLATEA DEI CONCORRENTI

L'Amministrazione appaltante è legittimata ad introdurre, nel bando di gara, disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti, al fine di consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, purchè le relative disposizioni non siano indirizzate a violare la concorrenza attraverso la sostanziale predeterminazione, in linea di fatto, del ventaglio dei possibili partecipanti.
Tale possibilità opera non soltanto nel caso di fissazione di requisiti di partecipazione più restrittivi, ma anche allorquando si richiedano elementi di specifica rappresentazione della concreta situazione aziendale del concorrente, fermo restando il limite, in ogni caso, della logicità e ragionevolezza dei requisiti o delle informazioni richieste, nonché della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito.
Sulla base di questi principi il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 56 del 13/01/2010, ha giudicato legittima l'esclusione di un'impresa sulla base di una disposizione contenuta nel bando di gara la quale prevedeva a carico dei concorrenti l'obbligo di rendere dichiarazioni circa la dimensione e le principali caratteristiche dell'impresa utilizzando unicamente l'apposito modulo predisposto dalla stazione appaltante e allegato al bando di gara stesso.
La Corte ha riconosciuto alle richieste informative fatte dalla stazione appaltante con il modulo predefinito l'evidente finalità di avere, attraverso esse, l'immediata contezza e certezza delle caratteristiche principali delle imprese partecipanti alla gara (nella specie, attraverso il numero dei dipendenti ed al contratto di lavoro applicabile), ed ha escluso che tali informazioni potessero considerarsi regolarizzabili, in quanto non concernenti elementi meramente formali od errori materiali commessi nella loro indicazione.

09 maggio 2010

MANCATA PRESENTAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE COMPROVANTE IL POSSESSO DEI REQUISITI

Parere dell’AVCP n. 64 del 25/03/2010
Il parere riguarda la questione dello spirare del termine di dieci giorni, previsti ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs n. 163/2006, senza che sia stata prodotta da parte del concorrente sorteggiato la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di capacità economica-finanziaria e tecnico-organizzativa autodichiarati in sede di partecipazione alla gara.
La stazione appaltante ha trasmesso a mezzo di posta elettronica la necessaria comunicazione al concorrente. Tale circostanza è documentalmente provata dal report di consegna della e.mail generato automaticamente dalla piattaforma. Quanto alla regolarità della predetta comunicazione bisogna far riferimento alle specifiche previsioni contenute negli atti di gara, dove vengono evidenziate le modalità di registrazione al sistema, di assegnazione della casella di posta elettronica agli operatori, nonché del relativo utilizzo dei predetti strumenti informatici. Dal report emerge che la suddetta casella di posta elettronica è stata più volte usata nel corso della gara telematica dal concorrente, che sulla stessa ha ricevuto anche tutta la documentazione di gara inviata dalla stazione appaltante.
Quanto alla natura perentoria del termine in questione, la stessa si desume da una copiosa giurisprudenza e da numerose pronunce dell’Autorità (da ultimo, determinazione n. 5/2009). Se fosse possibile presentare i documenti richiesti oltre quel termine e non fosse previsto alcun momento finale, l’amministrazione sarebbe costretta a tenere in piedi sine die la struttura organizzativa predisposta per la gara, per esaminare la necessaria documentazione, con l'impossibilità di chiudere definitivamente l'attività di verifica dei requisiti e di poter procedere successivamente alla apertura delle offerte. Ciò contrasterebbe, peraltro, con il principio di economicità del procedimento di cui all’articolo 1 della legge n. 241/1990 e all’articolo 2 dello stesso Codice dei contratti pubblici.
Ulteriore conseguenza del mancato rispetto dell’onere imposto dalla legge e dalla comunicazione della stazione appaltante è in ogni caso l’escussione della garanzia provvisoria, tra le cui funzioni vi è quella di garantire la veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese in sede di partecipazione alle gare in ordine al possesso dei requisiti stabiliti dal bando, al fine di assicurare serietà e correttezza all’intero procedimento di gara e di liquidare forfetariamente il danno subito dalla stazione appaltante (Cfr. CdS, Sez. V, 28 giugno 2004 n. 4789 e 19 novembre 2009 n. 7255). Il suo incameramento è quindi conseguenza diretta ed automatica dell’inadempimento del partecipante.
Se il concorrente ha partecipato alla gara per tutti i lotti e atteso che gli stessi requisiti di capacità economica-finanziaria e tecnico-organizzativa erano richiesti per l’aggiudicazione di ogni singolo lotto, il concorrente è da ritenersi inadempiente per ciascuno dei suddetti lotti, per cui devono essere sottoposte a escussione tutte le cauzioni provvisorie fornite dal concorrente per ogni singola partecipazione, senza che in tale valutazione vincolata e dovuta possa avere alcuna influenza la particolarità dello svolgimento della gara in via telematica.

08 maggio 2010

IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE CARBURANTI

Sul BURL n.5 del 5/2/2010 3° s.o. è stata pubblicata la legge regionale della Lombardia n.6 del 2/2/2010 relativa a “Testo Unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere”.
Il Capo IV del Titolo II disciplina la vendita di carburanti per uso di autotrazione ed i relativi impianti di distribuzione.

PIANI URBANI GENERALI DEI SERVIZI NEL SOTTOSUOLO (PUGSS)

Sul BURL n.8 del 23/2/2010 1° s.o. è stato pubblicato il Regolamento regionale della Lombardia n.6 del 15/2/2010 relativo a “Criteri guida per la redazione dei Piani Urbani Generali dei Servizi nel Sottosuolo (PUGSS) e criteri per la mappatura e la georeferenziazione delle infrastrutture”.

PROCEDURA VIA REGIONE LOMBARDIA

Sul BURL n.5 del 4/2/2010 2° s.o. è stata pubblicata la legge regionale della Lombardia n.5 del 2/2/2010 sulle “Norme in materia di valutazione di impatto ambientale”.
Disciplina le procedure di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA relativa ai progetti degli allegati A e B di competenza della Regione, delle province e dei comuni. E’ abrogata la L.R. n. 20 del 3/9/1999.

MANCATA PRESENTAZIONE DELLA COPIA SOTTOSCRITTA DEL DISCIPLINARE

Parere dell’AVCP n. 68 del 25/03/2010 circa la mancata presentazione tra i documenti richiesti della copia sottoscritta del disciplinare, sulla quale l’Autorità si è già espressa in precedenti pronunce (Deliberazione n. 133/2007, nonché Pareri n. 32/2008 e n. 102/2009).
Nel caso di cui trattasi il disciplinare all’art. 2, intitolato “Presentazione delle offerte”, richiedeva di allegare “Il presente Disciplinare e il Capitolato d’Oneri, comprensivo del relativo Capitolato Tecnico, sottoscritto in ogni sua pagina per accettazione”. La mancanza di tali documenti era senza alcun margine di dubbio sanzionata con l’esclusione dalla gara dallo stesso disciplinare. Considerata la funzione svolta dalla sottoscrizione del disciplinare, che è quella di rendere riferibili le prescrizioni di gara al dichiarante, non si può far rientrare la mancata presentazione di copia sottoscritta del disciplinare stesso tra le irregolarità formali, per le quali è consentita la regolarizzazione o l’integrazione, ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006, atteso che, in caso contrario, si verrebbe a realizzare una palese violazione della par condicio rispetto alle imprese concorrenti che abbiano puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17.9.2008, n. 4397; 16.7.2007, n. 4027 e 6.3.2006, n. 1068; Tribunale regionale Giustizia amministrativa Bolzano 04.09.2009 n.309, T.A.R. Napoli, Sez. I, 23.4.2009, n. 2146 e n. 2148; T.A.R. Bologna, Sez. I, 11.9.2008, n. 3967; T.A.R. Firenze, Sez. II, 7.3.2008, n. 272).
L’integrazione successiva della documentazione prodotta con la domanda di partecipazione alla gara o, comunque, con l'offerta, sarebbe possibile solo se la regolarizzazione si riferisse a carenze puramente formali od imputabili ad errori solo materiali, ma non potrebbe mai riguardare produzioni documentali violative di prescrizioni del bando (o della lettera di invito) presidiate dalla comminatoria di esclusione (Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038; sez. VI, 31 agosto 2004, n. 5734; sez. IV; 9 dicembre 2002, n. 6675), come quella in rilievo nel caso di specie.

06 maggio 2010

SOGGETTI TENUTI ALLA DICHIARAZIONE CONCERNENTE I REQUISITI DI MORALITÀ

In relazione all’individuazione dei soggetti obbligati a rendere, a pena di esclusione, le dichiarazioni relative all’assenza del c.d. “pregiudizio penale” ovvero di non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione, di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) e c) del D.Lgs. n. 163/2006, è da evidenziare che tale obbligo risponde alla fondamentale esigenza di consentire alla stazione appaltante di valutare la sussistenza del requisito della moralità professionale – in caso di società diverse dalla società in nome collettivo e dalla società in accomandita – sia in capo al direttore tecnico sia in capo agli amministratori muniti di poteri di rappresentanza.
La ratio legis è quella di escludere dalla partecipazione alle procedure di gara le società i cui soggetti che abbiano un significativo ruolo decisionale e gestionale, compresi gli institori e i vicari, incorrano in qualcuna delle suddette cause di esclusione, per cui ai fini di una corretta applicazione della normativa in questione occorre necessariamente fare riferimento alle funzioni sostanziali di tali soggetti più che alle qualifiche formali, altrimenti la evidenziata ratio potrebbe essere agevolmente elusa e dunque vanificata.
Nel caso in esame, dette dichiarazioni dovevano essere rese a pena di esclusione “da parte sia del titolare sia dei direttori tecnici, nel caso in cui questi ultimi siano persone diverse dal primo, per le imprese individuali; dei direttori tecnici e di tutti i soci, se trattasi di società in nome collettivo; dei direttori tecnici e di tutti i soci accomandatari, se trattasi di società in accomandita semplice; di tutti i direttori tecnici e degli amministratori muniti di legale rappresentanza per ogni altro tipo di società …”.
L’Amministratore unico e il direttore tecnico hanno regolarmente presentato apposita dichiarazione circa l’inesistenza di situazioni interdittive.
La procura conferita al solo scopo di “prendere visione dello stato dei luoghi relativo ai lavori da appaltare; di presentare qualsiasi documento necessario alla gara e di procedere al ritiro di qualsiasi documento amministrativo e tecnico (tutti gli elaborati progettuali) inerente la gara”, non configura una attribuzione di poteri estesi a tutta l’attività propria dell’impresa né sono in alcun modo identificabili con l’esercizio continuativo e generale delle funzioni sostanziali proprie dell’Amministratore unico, titolare di tutti i poteri di rappresentanza e di firma.
Né alla procura conferita può essere riconosciuta la natura di procura institoria o vicaria, atteso che i descritti poteri riconosciuti non sono in alcun modo assimilabili a quelli dell’institore o del vicario, normalmente titolari di una posizione corrispondente a quella di un vero e proprio amministratore munito di poteri di rappresentanza, e per tale ragione da annoverare tra i soggetti tenuti alla dichiarazione concernente i requisiti di moralità.
Qualora i procuratori speciali non rivestano all’interno dell’impresa un significativo ruolo decisionale e gestionale, non sono tenuti a rendere l’apposita dichiarazione di non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione, di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) e c) del D.Lgs. n. 163/2006. (Parere dell’AVCP n. 47 del 11/03/2010)

05 maggio 2010

CONSORZIO ORDINARIO IN R.T.I. CON UNA SOCIETÀ

Dal parere n. 48 dell’AVCP del 11/03/2010 in merito alla possibilità che un consorzio ordinario ex art. 2602 c.c. partecipi in R.T.I. con una società ad una gara di appalto per l’affidamento di contratti pubblici, sebbene l’art. 34, comma 1, lettera d) del D.Lgs. n. 163/2006 menzioni tale possibilità solo per i raggruppamenti temporanei di imprenditori individuali o di società (lettera a), di consorzi cooperativi o artigiani (lettera b) e di consorzi stabili (lettera c).
In proposito, va ricordato che la Commissione europea, con la nota C (2008) 0108 del 30 gennaio 2008, ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano in relazione agli articoli 34, 90 e 101 del codice dei contratti, rilevando che la nozione di operatore economico contenuta nell’art. 1, par 8 della direttiva 2004/18/CE e nell’analogo art. 1, par 8 della direttiva 2004/17/CE non permette di restringere la possibilità di partecipare alle gare di appalto e ai concorsi di progettazione ad alcune categorie di operatori escludendone altre, che abbiano una forma giuridica diversa da quelle indicate dai citati articoli.
Come di recente osservato dal Consiglio di Stato (sez. V, 12 novembre 2009, n. 7054), la procedura di infrazione ha portato alla pubblicazione del terzo decreto correttivo (D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152) del Codice dei contratti pubblici che risulta modificato, tra l’altro, proprio agli articoli 34, 90 e 101. In particolare, per quanto qui interessa, all’art. 34, comma 1, è stata aggiunta la lettera f bis), in base alla quale sono ammessi a partecipare alle gare “operatori economici ai sensi dell’art. 2, comma 22, stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi”.
In tale decisione, il Consiglio di Stato ha rilevato che una lettura formalistica e restrittiva del Codice dei contratti pubblici finirebbe per rilevarsi contraria alla normativa comunitaria, caratterizzata da aspetti di particolare flessibilità e particolarmente preoccupata di non limitare in alcun modo la concorrenza, estendendo al massimo il concetto di operatore economico.
Ciò è dimostrato dal tenore dell’art. 4, par. 1 della direttiva 2004/18/CE, in base al quale “i candidati o gli offerenti che, in base alla normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, sono autorizzati a fornire la prestazione di cui trattasi non possono essere respinti soltanto per il fatto che, secondo la normativa dello Stato membro nel quale è aggiudicato l’appalto, essi avrebbero dovuto essere persone fisiche o persone giuridiche”.
In altri termini, si stabilisce il principio della libertà delle forme per la partecipazione alle gare, ribadito anche dal par. 2 del citato art. 4, secondo il quale “ai fini della presentazione di un’offerta o di una domanda di partecipazione, le amministrazioni aggiudicatrici non possono esigere che i raggruppamenti di operatori economici abbiano una forma giuridica specifica”.
Assume carattere particolarmente rilevante la recente sentenza della Corte di Giustizia, Sez. IV, del 23 dicembre 2009, causa C-305/08, che ha stabilito che le disposizioni della direttiva 2004/18/CE contenute nell’art. 1, nn. 2, lett. a) e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione di “operatore economico”, devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi.
Al riguardo, peraltro la Corte di Giustizia ha precisato che “il legislatore comunitario non ha inteso restringere la nozione di “operatore economico” unicamente agli operatori che siano dotati di un’organizzazione d’impresa né introdurre condizioni particolari atte a porre una limitazione a monte dell’accesso alle procedure di gara in base alla forma giuridica e all’organizzazione interna degli operatori economici”, fornendo pertanto un’interpretazione molto ampia di tale nozione in linea con la precedente consolidata giurisprudenza comunitaria secondo la quale è nell’interesse del diritto comunitario che venga garantita la più ampia partecipazione possibile di offerenti ad una gara d’appalto (cfr. sentenza 16 dicembre 2008, causa C-213/07, Michaniki e sentenza 19 maggio 2009, causa C-538/07, Assitur).
Alla luce di quanto sopra, l’Autorità ritiene che l’art. 34 del Codice dei contratti pubblici vada interpretato nel senso che l’elenco ivi contenuto non abbia carattere tassativo e che pertanto non sia preclusa la partecipazione ad una gara di un R.T.I. composto da un consorzio ordinario e da una società.

04 maggio 2010

I SOGGETTI CUI POSSONO ESSERE AFFIDATI I CONTRATTI PUBBLICI

L’art. 34, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) e f bis) del D.Lgs. n. 163/2006 individua i soggetti cui possono essere affidati i contratti pubblici. Tali soggetti rivestono la qualifica di “operatore economico”, termine che, ai sensi dell’art. 3, comma 22 del Codice dei contratti pubblici comprende “l’imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi o un raggruppamento o un consorzio di essi”.
A sua volta, il comma 19 del predetto articolo 3 precisa che i termini “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi” designano “una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del d.lgs. 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”.
Come osservato dall’Autorità con la deliberazione n. 119 del 18.4.2007, la caratteristica che accomuna le figure sopra individuate è l’esercizio professionale di una attività economica. Ciò aveva indotto l’Autorità a concludere nel senso che gli enti pubblici, le Università e i Dipartimenti universitari non possedessero tale requisito e non potessero essere ammessi alle procedure per l’affidamento di contratti pubblici, stante il carattere tassativo dell’elenco dei soggetti ammessi a partecipare alle gare, contenuto nell’art. 34 del D.Lgs. n. 163/2006, come già affermato con la deliberazione n. 179/2002 in relazione al previgente art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.
Di recente, però, l’Autorità, alla luce della giurisprudenza nazionale e comunitaria, è tornata sulla questione, affrontando, in linea generale, con il parere n. 127 del 23 aprile 2008, il problema della possibilità di partecipazione alle gare d’appalto di soggetti giuridici diversi da quelli ricompresi nell’elenco di cui all’art. 34 del D.Lgs. n. 163/2006, quali, nel caso di specie, fondazioni, istituti di formazione o di ricerca.
Sull’ammissibilità di partecipazione a una gara di un’associazione senza fini di lucro, si è espresso positivamente anche il Consiglio di Stato (sez. V, n. 3790/2002), mentre in relazione alla partecipazione di soggetti pubblici, la giurisprudenza si è pronunciata favorevolmente rispetto agli enti pubblici economici, che hanno natura e spesso anche struttura imprenditoriale (TAR Lazio, sez. I, n. 540/2003; TAR Liguria, sez. II, n. 30/2002).
Per quanto concerne gli enti pubblici non economici, quali ad esempio gli enti di ricerca interessati dal citato parere n. 127/2008 (CNR, FORMEZ, CENSIS e IFOA), l’Autorità ha esaminato il rischio di alterazione della par condicio tra i partecipanti e il possibile effetto distorsivo della concorrenza, atteso il particolare regime di agevolazioni finanziarie di cui godono i predetti enti e la conseguente posizione di vantaggio rispetto ad altri soggetti che forniscono i medesimi servizi nell’esercizio dell’attività di impresa, dovendo sopportare integralmente i relativi costi.
L’Autorità, nel parere n. 127/2008, ha concluso, conformemente a quanto affermato dal Giudice amministrativo (Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2003, n. 4327), che gli enti pubblici non economici possono partecipare a quelle gare che abbiano ad oggetto prestazioni corrispondenti ai loro fini istituzionali, con la conseguente necessità di operare una verifica in concreto dello statuto al fine di valutare la conformità delle prestazioni oggetto dell’appalto agli scopi istituzionali dell’ente.
Peraltro, la Corte di giustizia CE ha già avuto modo di precisare che gli enti pubblici che beneficiano di sovvenzioni erogate dallo Stato, che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri offerenti non sovvenzionati, sono espressamente autorizzati dalla direttiva a partecipare a procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici (sentenza 7 dicembre 2000, causa C-94/99, ARGE).

03 maggio 2010

LA NOZIONE DI IMPRESA PER IL DIRITTO COMUNITARIO

Per il diritto comunitario, la nozione di impresa comprende qualsiasi ente che esercita un’attività economica consistente nell’offerta di beni e servizi su un determinato mercato, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (cfr. da ultimo, in tal senso, Corte di giustizia CE, sentenza 26 marzo 2009, causa C-113/07 P, Selex Sistemi Integrati/ Commissione e Eurocontrol). Si tratta quindi di una nozione dai confini molto ampi, che prescindono da una particolare formula organizzativa e dalla necessità di perseguire finalità di lucro (cfr. sul punto le conclusioni dell’Avvocato generale Jacobs presentate il 1 dicembre 2005 nella causa C-5/05, decisa con sentenza della Corte di giustizia CE 23 novembre 2006, Joustra nonché la sentenza della Corte di giustizia CE 29 novembre 2007, causa C-119/06, Commissione/Italia).
In proposito, va sottolineato che l’art. 1, par. 8 della direttiva 2004/18/CE dispone che “i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi”. A differenza dell’art. 3, comma 19 del Codice dei contratti pubblici, la direttiva menziona quindi espressamente la possibilità che l’operatore economico offerente possa essere “un ente pubblico”, senza porre una distinzione tra gli enti pubblici che svolgono una determinata attività economica e gli enti pubblici non economici.

I CONSORZI

Come chiarito dall’Autorità con la determinazione del 9.6.2004, n. 11 e come confermato con la deliberazione del 13.12.2006, n. 114, successiva all’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici, oltre ai “consorzi cooperativi” e ai “consorzi artigiani” (art. 34, comma 1, lett. b) del Codice dei contratti) che fanno parte dei soggetti singoli con idoneità e personalità giuridica individuale, il vigente ordinamento prevede la possibilità di partecipare alle gare di appalto di altri due tipi di consorzi. Il primo appartiene alla categoria dei soggetti singoli o con idoneità individuale, definito dalla legge “consorzio stabile” (art. 34, comma 1, lett. c) e art. 36 del Codice dei contratti pubblici), formato da non meno di tre consorziati che abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa, mentre il secondo appartiene alla categoria dei soggetti plurimi o con idoneità plurisoggettiva, definito dalla legge “consorzio ordinario di concorrenti” e costituito ai sensi dell’art. 2602 c.c. (art. 34, comma 1, lett. e) del Codice dei contratti pubblici), al quale si applicano le disposizioni di cui all’art. 37 dello stesso Codice dettate per i raggruppamenti temporanei di imprese e che, per la sua assimilazione all’associazione temporanea nonché per distinguerlo dal primo tipo, è generalmente denominato “consorzio occasionale”.

02 maggio 2010

IN TEMA DI REQUISITI DI CAPACITÀ ECONOMICO-FINANZIARIA E TECNICO-PROFESSIONALE DEI FORNITORI E DEI PRESTATORI DI SERVIZI

L’art. 41, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006 stabilisce che la dimostrazione dei requisiti di capacità economica e finanziaria può essere fornita attraverso uno o più dei seguenti documenti: a) dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del D.Lgs. n. 385/1993; b) bilanci o estratti dei bilanci dell’impresa; c) dichiarazione concernente il fatturato globale d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi.
L’art. 42, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006 stabilisce che la dimostrazione dei requisiti di capacità tecnica e professionale, tra l’altro, può essere fornita attraverso la “a) presentazione dell’elenco dei principali servizi e delle principali forniture prestati negli ultimi tre anni, con l’indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, pubblici o privati, dei servizi o forniture stessi..”.
Al riguardo, va considerato che la stazione appaltante vanta un apprezzabile margine di discrezionalità nel chiedere requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica ulteriori e più severi rispetto a quelli indicati nella disciplina richiamata, con il limite del rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza; sicché non è consentito pretendere il possesso di requisiti sproporzionati o estranei rispetto all’oggetto della gara (Cons. Stato, Sez. V, 8 settembre 2008, n. 3083; Cons. Stato, Sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3655).
Per quanto concerne, in particolare, i requisiti di capacità tecnica, la Corte di Giustizia europea ha affermato l’illegittimità dell’operato della stazione appaltante che impone mezzi di prova diversi da quelli contemplati dalla disciplina comunitaria al fine di dimostrare il possesso dei requisiti (CGCE 17 novembre 1993, causa n. C-71/92). Tuttavia, è ammissibile fissare nel bando di gara requisiti non tipologicamente ulteriori, ma più stringenti sul piano quantitativo rispetto a quelli previsti nell’elencazione legislativa (Cons. Stato, Sez. V, 7 aprile 2006, n. 1878), purché siano rispettati i citati limiti della ragionevolezza e della proporzionalità.
Per tale ragione in giurisprudenza è stato considerato irragionevole chiedere ai concorrenti un fatturato superiore al doppio del corrispettivo presunto dell’appalto (Cons. Stato, Sez. V. 23 gennaio 2006, n. 206), ovvero l’esercizio pregresso di servizi identici a quello oggetto di gara per un importo medio annuo pari al 150% dell’importo della gara (TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 2 gennaio 2008, n. 1).
In sostanza, è necessario che la discrezionalità della stazione appaltante nella fissazione dei requisiti sia esercitata in modo tale da non correre il rischio di restringere in modo ingiustificato lo spettro dei potenziali concorrenti o di realizzare effetti discriminatori tra gli stessi, in linea con quanto stabilito dall’art. 44, par. 2 della direttiva 2004/18/CE secondo il quale i livelli minimi di capacità richiesti per un determinato appalto devono essere connessi e proporzionati all’oggetto dell’appalto. (Parere dell’AVCP n. 50 del 11/03/2010)