28 aprile 2010

LE MODIFICHE DEL BANDO DI GARA

Secondo l’insegnamento della giurisprudenza “le modifiche del bando di gara non hanno effetto nei confronti delle imprese partecipanti alla gara se non sono portate a conoscenza delle stesse nelle medesime forme attraverso le quali è stata data pubblicità al bando. Non può pertanto essere ritenuta sufficiente la pubblicazione della modifica nel sito internet o su un quotidiano, sia pure a diffusione nazionale. Tali forme di pubblicità non possono, infatti, considerarsi in alcun modo equipollenti alla pubblicazione in gazzetta ufficiale.” (Cons. Stato, sez. VI, 11.5.2007, n. 2306; TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 8 marzo 2006, n. 528).

ERRORE DELL’IMPORTO PAGATO A TITOLO DI CONTRIBUTO

L’Autorità ha ripetutamente affermato che “l’inesattezza dell’importo pagato a titolo di contributo non può comportare l’esclusione delle ditte che lo hanno versato, dovendosi consentire ai partecipanti alla gara di provvedere alla relativa integrazione” (parere del 5.11.2008, n. 235) e che ove la stazione appaltante abbia indicato erroneamente l’importo del contributo da versare, non può farsi ricadere tale inesattezza sui partecipanti “i quali hanno considerato il bando di gara quale criterio esclusivo di orientamento e la cifra in esso indicato l’importo effettivo da versare” (parere del 21.5.2008, n. 164). Se questa Autorità ha ritenuto non conforme al favor partecipationis l’esclusione dalla gara di un concorrente che aveva versato un contributo di importo inesatto per effetto della mancata indicazione nel bando dell’esatto importo da versare, con conseguente induzione in errore (parere del 21.2.2008, n. 34), a maggior ragione deve giungersi a tale conclusione ove l’importo da versare sia stato indicato nel bando ma in modo errato.
Anche la giurisprudenza amministrativa, in un caso di erroneo versamento del contributo per effetto di una clausola non chiara del bando, ha ritenuto che “nel caso di disposizioni che indichino in modo equivoco taluni adempimenti, le stesse devono essere interpretate nel senso più favorevole all’ammissione degli aspiranti, corrispondendo all’interesse pubblico di assicurare un ambito più vasto di valutazioni e quindi un’aggiudicazione alle condizioni migliori possibili” (TAR Lazio, sez. III quater, 17.12.2008, n. 12198). (Parere dell’AVCP n. 53 del 11/03/2010)

DIVIETO DI SUBAPPALTO PER LA REDAZIONE DELLA RELAZIONE GEOLOGICA

Ai sensi dell’art. 91, comma 3 del Codice dei contratti pubblici, l’affidatario non può avvalersi del subappalto per la redazione delle relazioni geologiche. Come sottolineato dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 16.3.2005, n. 1075), “il legislatore, nell’escludere le relazioni geologiche dalle attività che il progettista può affidare in subappalto, ha perseguito di certo un’esigenza di tutela dell’amministrazione, che è meglio garantita dalla instaurazione di un rapporto diretto con il professionista (sia pur attraverso la sua partecipazione ad un raggruppamento temporaneo od altra forma associativa)”.
Pertanto, ove il geologo, la cui presenza è necessaria a norma del bando, non faccia parte della compagine sociale, è evidente che la redazione della relazione geologica verrebbe di fatto affidata ad un terzo, in violazione della richiamata norma che vieta per tale attività il subappalto.
Del resto, nelle norme integrative del bando, viene espressamente specificato che “nel caso in cui il gruppo di lavoro sia formato da persone fisiche disgiunte tra di loro e che non appartengano alla medesima persona giuridica (es. non appartenenti allo stesso studio professionale o alla stessa società di professionisti, o stessa società di ingegneria, o stesso consorzio stabile) sarà necessario costituire un raggruppamento temporaneo ex art. 90, comma 1, lett. g) del codice dei contratti pubblici”.
Alla luce di ciò, il rilievo dell’interessato secondo il quale il geologo sarebbe stato comunque “indicato” nello spazio appositamente previsto non appare sufficiente a dar conto delle modalità partecipative di cui lo stesso intende avvalersi per non incorrere nel divieto di cui all’art. 91, comma 3 del Codice dei contratti pubblici.
Nella citata decisione n. 1075/05, il Consiglio di Stato ha infatti affermato che il rispetto del divieto di subappalto non è affatto assicurato dalla generica indicazione preventiva dei nomi dei professionisti che svolgeranno i singoli servizi perché ciò non chiarisce, neppure in via indiretta, le modalità mediante le quali può essere definito il rapporto giuridico tra il progettista ed il geologo che sarà incaricato di redigere la relazione geologica. (Parere dell’AVCP n. 52 del 11/03/2010)

SOTTOSCRIZIONE DI UN MODELLO NEL QUALE NON È STATA OPERATA ALCUNA SCELTA SUL POSSESSO DEI REQUISITI

Parere dell’AVCP n. 52 del 11/03/2010 - Le norme integrative del bando in esame, prevedono espressamente che “non sarà ammessa alla gara l’offerta nel caso che manchi o risulti incompleto od irregolare alcuno dei documenti richiesti o siano omesse nelle dichiarazioni le indicazioni e le attestazioni ivi previste”.
Correttamente quindi la Commissione di gara ha ritenuto che la mancata indicazione dell’ipotesi ricorrente nella fattispecie di non aver riportato o di aver riportato condanne ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera c) del Codice dei contratti pubblici, fosse equiparabile ad omessa dichiarazione in ordine ad uno dei requisiti generali richiesti ai fini della partecipazione.
La giurisprudenza amministrativa ha in proposito affermato che la sottoscrizione di un modello nel quale non è stata operata alcuna scelta sul possesso dei requisiti di cui alle varie alternative determina incertezza assoluta sul possesso dei requisiti medesimi o sulle circostanze indicate nei punti specifici, con conseguente necessaria esclusione dalla gara della società che non ha fatto tali dichiarazioni (Cons. Stato, sez. V, 22.12.2005, n. 7328).
Anche l’Autorità ha ribadito che, nel caso di rilascio delle dichiarazioni di cui all’art. 38 del Codice dei contratti pubblici soltanto da parte di alcuni dei soggetti muniti del potere di rappresentanza, tali omissioni comportano la violazione del bando di gara nonché la violazione dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, con la conseguente doverosa esclusione dalla gara (parere del 26.1.2009, n. 5; conforme è anche TAR Piemonte, sentenza del 21.11.2008, n. 2936) in quanto la norma è sufficientemente chiara per far percepire agli interessati l’obbligo di dichiarare i provvedimenti che incidono sull’affidabilità morale e professionale e le conseguenze del loro comportamento omissivo (parere del 31.10.2008, n. 233; conforme è anche Cons. Stato, sez. V, n. 7195/06).
Né la regolarizzazione della documentazione prodotta in sede di gara può riferirsi alla carenza di dichiarazioni o di documenti richiesti a pena di esclusione (Cons. Stato, 19.6.2006, n. 3660; TAR Lazio, 9.7.2008, n. 6518; TAR Campania, 6.8.2008, n. 9861; TAR Lombardia, 17.10.2006, n. 2011) e la dichiarazione ex art. 38, comma 1, lettera c) del Codice dei contratti pubblici costituisce parte integrante ed elemento essenziale della domanda di partecipazione alla gara, con conseguente inammissibilità della regolarizzazione postuma (parere del 26.1.2009, n. 5 cit.).

MANCATA RISPOSTA ENTRO IL TERMINE FISSATO

Il confronto tra l’Amministrazione e l’offerente, la cui offerta è sospetta di anomalia, rappresenta indubbiamente un momento imprescindibile ai fini del rispetto dei principi comunitari che regolano la materia (Cons. Stato, Sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1072). Tuttavia, appare evidente che tale legittimo contraddittorio non può mai essere dilatato ulteriormente a danno di altri concorrenti principi, ai quali la procedura concorsuale deve attenersi, vale a dire la “par condicio” tra i partecipanti, la trasparenza, la speditezza delle operazioni concorsuali (TAR Lazio, Sez. I bis, 27 ottobre 2004, n. 11948). Ne consegue che il problema del termine entro cui presentare gli elementi giustificativi circa l’affidabilità dell’offerta presentata, richiesti dalla stazione appaltante, va risolto nel senso che detto termine ha natura perentoria, avendo come finalità sia quella di garantire il contraddittorio in condizioni di parità tra tutti i concorrenti, sia quella di garantire il pubblico interesse, assicurando la definizione della gara in tempi rapidi e, comunque, certi (TAR Lazio, Sez. III ter, 20 marzo 2008, n. 2502). A sostegno di tale conclusione, depone anche la ratio ispiratrice del comma 5 del medesimo art. 88, ove il legislatore ha sancito la non obbligatorietà dell’audizione dell’interessato, qualora costui non si presenti alla data fissata dalla Commissione. L’intera disciplina del procedimento di verifica dell’anomalia è caratterizzata, infatti, da una scansione temporale rapida, che tende a contemperare le esigenze dell’impresa direttamente interessata con quelle delle altre partecipanti nonché con quelle della stazione appaltante a definire la gara con sollecitudine. Ne consegue che è proprio la funzione svolta dai termini assegnati in tale contesto all’offerente a giustificarne la perentorietà.
L’impresa, avendo presentato gli elementi giustificativi richiesti con un ritardo di ventuno giorni, può essere esclusa per mancata risposta entro il termine assegnato dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 88, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006. (Parere dell’AVCP n. 54 del 11/03/2010)

INTEGRAZIONE AMMISSIBILE IN SEDE DI GARA

E’ stato più volte affermato in giurisprudenza che l'integrazione ammissibile in sede di gara su richiesta della stazione appaltante – allo scopo di far prevalere la sostanza sulla forma – si rivela finalizzata unicamente ad ottenere precisazioni in ordine alla documentazione prodotta, in vista della sanatoria di eventuali irregolarità formali, mentre una tale facoltà non può estendersi al caso in cui le perplessità rilevate riguardino l'offerta tecnica ed economica, perché altrimenti verrebbe ad essere violato il principio della par condicio dei concorrenti mediante la modificazione postuma dell'offerta, con conseguente inammissibile incidenza sulla sostanza e non più solo sulla forma (cfr. ex multis: TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 6/2/2008 n. 90; Consiglio di Stato, sez.V, 11/12/2007 n. 6403; TAR Lombardia, Brescia, sez.II, 27/5/2009, n. 1073).
Non è consentito, infatti, specificare, rettificare o precisare e, sostanzialmente, cambiare, gli elementi negoziali costitutivi dell'offerta, tanto più ove siano già noti i contenuti delle altre offerte, in quanto l'accettazione di nuove condizioni costituisce manifesta e grave violazione dei principi di trasparenza dell'azione amministrativa e di rispetto della par condicio tra i concorrenti (TAR Toscana, Firenze, sez. I, 30/5/2006 n.2572).
Si tratta pertanto di violazione dei principi di par condicio dei concorrenti e di imparzialità dell'azione amministrativa, nonché di palese contraddittorietà dell’operato della Commissione giudicatrice con il disciplinare di gara, anche alla luce della copiosa giurisprudenza amministrativa in materia di valutazione dell’offerta economica e di immodificabilità delle offerte (cfr. ex multis: Consiglio di Stato sez. VI, 3 giugno 2009, n. 3404 cit.; sez. V, 27 settembre 2004, n. 6302; sez. IV, 11 aprile 2006, n. 2021), nonché dei pareri resi in argomento da questa stessa Autorità (cfr., fra i tanti, pareri n. 88 del 10 settembre 2009 e n. 34 del 27 settembre 2007). (Parere dell’AVCP n. 56 del 11/03/2010)

27 aprile 2010

FASCE DI RISPETTO STRADALE

In tema di distacchi delle costruzioni dalla sede autostradale, la Cassazione Civile ha precisato che il vincolo in questione traducendosi in un divieto assoluto di costruire, rende legalmente inedificabili le aree site in fascia di rispetto stradale o autostradale, indipendentemente dalle caratteristiche dell'opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale.
La Corte rileva infatti come il divieto di costruire a una certa distanza, imposto dall'art. 9 della legge 729 del 1961 e dal D.M. 1° aprile 1968, non può essere inteso restrittivamente, e cioè come previsto al solo scopo di prevenire l'esistenza di ostacoli materiali emergenti dal suolo e suscettibili di costituire, per la prossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico ed alla incolumità delle persone, in quanto è correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all'occorrenza, dal concessionario per l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il deposito dei materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza limitazioni connesse alla presenza di costruzioni.
Tale limitazione è ritenuta operativa anche in caso di ristrutturazione di opere preesistenti all'imposizione del vincolo e che comportino una unità immobiliare in tutto o in parte diversa dalla precedente, nonché con riferimento a costruzioni realizzate ad un diverso livello da quello della sede stradale o che costituiscano mere sopraelevazioni o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti. CASSAZIONE CIVILE, sezione II, decisione n. 2164 del 3 febbraio 2005

In ordine alla natura del vincolo di fascia di rispetto insistente sull’area interessata, la decadenza vale soltanto per i vincoli finalizzati alla espropriazione, oppure che comportano la preclusione completa della attività edificatoria, e non invece per quei vincoli che costituiscono espressione della attività pianificatoria della pubblica amministrazione e che hanno il solo effetto di imporre alla proprietà l’obbligo di conformarsi alla destinazione impressa al suolo.
Il vincolo di inedificabilità relativo alla “fascia di rispetto stradale” non ha natura espropriativa, ma unicamente conformativa, in quanto riguarda una generalità di beni e di soggetti ed ha una funzione di salvaguardia della circolazione, indipendentemente dalla eventuale instaurazione di procedure espropriative; esso quindi non è soggetto a scadenze temporali.
È altresì infondato il motivo che mira a contestare la logicità e razionalità delle scelte dell’amministrazione, con riguardo agli effetti di decongestionamento sul traffico, sui parcheggi, sulla larghezza della strada e altro.
Costituisce principio consolidato della giurisprudenza amministrativa che le scelte effettuate dall’amministrazione all’atto di adozione del piano regolatore generale costituiscono apprezzamenti di merito sottratti come tali al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnorme illogicità (in tal senso, ex plurimis, Consiglio Stato, IV, 6.2.2004, n. 664). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 marzo 2008, n. 1095

L’esistenza di limiti di edificazione da rispettare con riferimento al nastro di autostrade e strade, tanto fuori del centro abitato che nell’ambito di quest’ultimo, deriva direttamente dalla normativa del Codice della Strada (artt. 16, 17 e 18 d.lvo 285/2002) e del suo Regolamento di attuazione, nonché per le sole autostrade dall’art. 9 della l. 729/1961: in particolare l’art. 28 del dpr 495/1992 fissa delle “fasce di rispetto per l’edificazione nei centri abitati” (mt. 30 per le strade di tipo A, cioè per le autostrade), mentre il comma 1 dell’art. 9 della legge n. 729/1961 pone comunque il divieto di realizzare qualsivoglia edificazione a distanza inferiore a mt. 25 dal limite della zona di occupazione dell’autostrada. Il divieto in oggetto risulta finalizzato a mantenere una fascia di rispetto, utilizzabile per l’esecuzione di lavori, l’impianto di cantieri, l’eventuale allargamento della sede stradale, nonché per evitare possibili pregiudizi alla percorribilità della via di comunicazione; per cui le relative distanze vanno rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale. TAR CAMPANIA (SA) Sez. II, sent. 1383 del 9 aprile 2009

26 aprile 2010

DURC ANCHE PER GLI AFFIDAMENTI SOTTOSOGLIA

L’articolo 38, comma 3, del decreto legislativo 163/2006 smi (applicabile - ai sensi del successivo art. 125 - anche alle acquisizioni di beni, servizi e forniture sottosoglia comunitaria in cui rientrano quelle in economia) prevede a carico dell’affidatario l’obbligo di acquisire una certificazione rilasciata dagli enti previdenziali, i quali debbono stipulare un’apposita convenzione per il rilascio di un documento unico di regolarità contributiva (DURC).
La richiesta del documento unico di regolarità contributiva prescinde dall’importo del contratto e dalla procedura di selezione ed ha l’obiettivo di garantire la trasparenza degli affidamenti, nonché di verificare il rispetto della normativa previdenziale da parte delle imprese affidatarie.
Dal 29 gennaio 2009, ai sensi dell’articolo 16 bis, comma 10 del Testo del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (convertito con legge 28 gennaio 2009, n. 2) le stazioni appaltanti pubbliche acquisiscono d’ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il documento unico di regolarita` contributiva dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui e` richiesto dalla legge.
Inoltre, il DURC è inserito nell’elenco dei documenti da richiedere per la verifica dell'idoneità tecnico-professionale dell'impresa affidataria, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (allegato XVII - Idoneità tecnico professionale di cui all’articolo 90 del decreto legislativo 81/2008).

24 aprile 2010

LA SICUREZZA SUL LAVORO NEI CANTIERI STRADALI

L'Inail ha realizzato e pubblicato il manuale operativo «La sicurezza sul lavoro nei cantieri stradali», con lo scopo di fornire alle imprese del settore un supporto e uno strumento di conoscenza sui rischi generali e specifici del cantiere stradale.
Contiene una guida generale sui principali rischi e sulle misure di prevenzione, non è esaustivo ma deve essere accompagnato dalla formazione obbligatoria attuata dal datore di lavoro anche avvalendosi del Piano Operativo di Sicurezza (POS) e del Piano Sicurezza di Coordinamento (PSC) specifici di ogni cantiere, del manuale d’uso e manutenzione di macchine ed attrezzature e di altri strumenti informativi.
Del progetto «Sicurezza sul lavoro nei cantieri stradali» fanno parte anche una futura versione semplificata del manuale in commento, tradotta in più lingue, per una informazione diretta e una distribuzione capillare ai lavoratori, comprensiva di un questionario da utilizzare per verificare l’effettivo livello di comprensione della conoscenza e delle informazioni acquisite dai lavoratori nell’ambito dei percorsi formativi erogati dai datori di lavoro. E' inoltre previsto un corso di formazione per i responsabili e le figure aziendali preposte che hanno il compito di informare e formare i lavoratori sui rischi generali e specifici.

CORRIDOIO URBANISTICO, FASCE DI RISPETTO, SALVAGUARDIA

Il Consiglio di Stato ha emesso sentenza (CdS sezione IV – 12/2/2010 n.784) nella causa tesa a stabilire se il corridoio urbanistico individuato nel progetto preliminare ai sensi dell’art. 3, comma 7, del D.Lgs. n. 190/2002, come integrato dal D.Lgs. n. 189/05 ed oggi trasfuso nell’art. 165 del codice degli appalti, (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), conservi efficacia con gli effetti conseguenti, fra cui quello di acquisire sui permessi di costruzione l’attestazione di compatibilità tecnica da parte del soggetto aggiudicatore, anche dopo l’approvazione, ai sensi dell’art. 4 dello stesso D.Lgs. (ora art. 166 del codice degli appalti), del progetto definitivo che non lo abbia esplicitamente previsto.
Nel caso in esame si tratta del progetto preliminare della linea ferroviaria Milano- Genova- terzo valico dei Giovi- approvato dal CIPE con deliberazione 29/9/03 e del progetto definitivo approvato con deliberazione CIPE 29/3/06.
Secondo il CdS, "il decreto legislativo n. 190 del 2002, che costituisce normativa speciale sulle infrastrutture di preminente interesse nazionale, all’art. 3, oggi trasfuso nell’art. 165 del codice degli appalti, (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), descrive i contenuti del progetto preliminare che si caratterizza, rispetto al progetto preliminare di cui all’art. 16 della L. n. 109/94, per la maggior analiticità degli elementi da indicare (Cons. Stato, IV sez., n. 3917/05).
Viene, infatti, previsto che il primo livello di progettazione individua tutti gli elementi dell’opera che possono avere incidenza sull’ambiente, deve essere corredato da uno studio di impatto ambientale e lo stesso, per l’esaminato profilo, non può essere modificato dal successivo definitivo livello di progettazione il quale, ai sensi dell’art. 4 dello stesso decreto legislativo, deve essere integrato da una relazione del progettista attestante la rispondenza al progetto preliminare ed alle eventuali prescrizioni dettate in sede di approvazione dello stesso, con particolare riferimento alla compatibilità ambientale ed alla localizzazione dell’opera.
Se ne deduce che il sistema impone, nello stesso interesse del soggetto procedente e dell’Amministrazione che ne condivida il progetto, una particolare attenzione nella predisposizione del progetto preliminare e nello studio di impatto ambientale, nonché nella proposizione delle prescrizioni e dei vincoli che “integrano” il progetto preliminare, al fine della verifica di conformità demandata alla fase della progettazione definitiva (dec. cit.)
Una verifica di conformità in senso negativo preclude l’approvazione del progetto definitivo e, quindi, la realizzazione dell’opera.
Inoltre il progetto definitivo non può discostarsi “sensibilmente” da quello preliminare, dando vita ad un progetto sensibilmente diverso da quello preliminare, perché altrimenti si avrebbe un progetto nuovo che non potrebbe sottrarsi alla sequela procedimentale delineata dalla legge (dec. cit.).
Così pure, laddove la fase della progettazione preliminare si concluda in senso positivo, addivenendo alla approvazione del relativo progetto, ma con l’apposizione di una serie di vincoli o di approfondimenti, non vi è dubbio che esso condizioni la fase della progettazione definitiva in quanto il mancato verificarsi delle condizioni o l’esito non previsto delle osservazioni potrebbero richiedere modificazioni al progetto definitivo tali da non consentire la verifica di conformità al progetto preliminare previsto dalla legge (cfr. dec. cit.).
L’approvazione del progetto preliminare, in base al comma 7 del citato art. 3 D.Lgs. n. 190/02, determina, ove necessario, ai sensi delle vigenti norme, l’accertamento della compatibilità ambientale dell’opera e perfeziona, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l’intesa Stato- Regione sulla sua localizzazione, comportando l’automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti, mentre gli immobili sui quali è localizzata l’opera sono assoggettati al vincolo preordinato all’esproprio ai sensi dell’art. 10 del T.U. n. 327/01. Il vincolo si intende apposto anche in mancanza di espressa menzione, e gli enti locali provvedono alle occorrenti misure di salvaguardia delle aree impegnate e delle eventuali relative fasce di rispetto e non possono rilasciare, in assenza dell’attestazione di compatibilità tecnica da parte del soggetto aggiudicatore, permessi di costruire né altri titoli abilitativi nell’ambito del corridoio individuato con l’approvazione del progetto ai fini urbanistici e delle aree comunque impegnate dal progetto stesso.
Ne deriva che il corridoio urbanistico è individuato, nelle sue caratteristiche, previsioni e prescrizioni, sin dalla fase del progetto preliminare della infrastruttura e con esso si trasferisce tal quale nel progetto definitivo, che, ai sensi dell’art. 4 del medesimo decreto, dovrà essere integrato da una relazione del progettista attestante la rispondenza dello stesso al progetto preliminare e alle eventuali prescrizioni dettate in sede di approvazione dello stesso, con particolare riferimento alla compatibilità ambientale e alla localizzazione dell’opera. Esso sarà corredato, inoltre, dalla definizione delle eventuali opere e misure mitigatrici e compensative dell’impatto ambientale, territoriale e sociale.
Da questa sostanziale simmetria di contenuti, secondo l’appellante, non potrebbe essere esclusa la previsione della necessità di attestazione di compatibilità tecnica da parte del soggetto aggiudicatore in caso di rilascio di permessi di costruire o altri titoli abilitativi da parte degli enti locali nell’ambito del corridoio individuato con l’approvazione del progetto preliminare.
La tesi dell’appellante, che si ricollega alla natura di normativa speciale delle disposizioni di cui si discute, che ha anticipato alla fase del progetto preliminare l’adozione di misure di protezione dell’opera pubblica (misure di salvaguardia, fasce di rispetto e attestazioni di compatibilità tecnica) trova una sua ragionevole giustificazione nel fatto che, mentre con l’approvazione del progetto definitivo vengono sostanzialmente recepiti, previa loro verifica di conformità, i contenuti del progetto preliminare, già definiti e resi certi nelle loro caratteristiche, ciò che non può essere anticipatamente previsto è il contenuto delle richieste di permessi di costruire o altri titoli abilitativi che vadano ad impattare sul corridoio individuato ai fini urbanistici con l’approvazione del progetto.
Ne deriva, ad avviso del Collegio, che poiché nella fase di progettazione definitiva convergono, oltre alle previsioni di progetto preliminare, le prescrizioni e i vincoli che di esso costituiscono integrazione, di essa fanno parte, nel momento in cui ne ricorrano le condizioni, le attestazioni di compatibilità tecnica, che non possono essere assorbite dal progetto definitivo tout court, in quanto non anticipatamente prevedibili, nel loro contenuto.
In sostanza, il corridoio individuato ai fini urbanistici nella fase preliminare mantiene autonoma rilevanza anche dopo l’approvazione delle fasi successive e con esso le misure di salvaguardia e protezione allo stesso connesse. Di ciò costituisce conferma la previsione di cui all’art. 4 quater, comma 3, del D.Lgs. n. 190/02 (introdotto dal D.Lgs. n. 189/05), norma vigente all’epoca dell’approvazione del progetto definitivo e del rilascio delle concessioni edilizie, in base al quale "Non assumono rilievo localizzativi le varianti di tracciato delle opere lineari contenute nell’ambito del corridoio individuato in sede di approvazione del progetto ai fini urbanistici”.
In conclusione, nella speciale disciplina in esame deve considerarsi come ulteriore necessario elemento istruttorio nel rilascio dei permessi di costruire in zone interessate da opere strategiche il rilascio, da parte dell’ente aggiudicatore, dell’attestazione di compatibilità tecnica.

23 aprile 2010

PRESA VISIONE ED ESTRAZIONE DI COPIA DI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI

L'accesso agli atti delle procedure di gara, disciplinata dall'articolo 13 del dlgs n. 163/2006 che, nel rinviare alla disciplina generale dell'accesso fissata negli articolo 22 e seguenti della legge n. 241/1990, al comma 5 esclude il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione “alle informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali”.
Il comma 6, dell'articolo 13 del dlgs n. 163/2006 dispone che l'accesso è in ogni caso consentito “al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso".
Per il Consiglio di stato sia l'articolo 13, comma 6, del codice dei contratti sia l'articolo 24 della legge n. 241/1990 non prevedono che l'accesso «difensivo», in quanto tale prevalente sulle antagoniste ragioni di riservatezza o di segretezza tecnica o commerciale, possa e debba essere esercitato nella forma della sola presa visione, con esclusione dell'estrazione di copia.
Per il Consiglio di Stato, quindi, è illegittimo il provvedimento con cui si limita il diritto di accesso all'offerta tecnica presentata dalla ditta aggiudicataria, consentendone la sola visione e non anche l'estrazione di copia. CONSIGLIO DI STATO, sezione VI, sentenza 19/10/2009, n. 6393

21 aprile 2010

ALIENAZIONE DEL PATRIMONIO COMUNALE

L’art. 12, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n.127, stabilisce che “ I comuni e le province possono procedere alle alienazioni del proprio patrimonio immobiliare anche in deroga alle norme di cui alla legge 24 dicembre 1908, n. 783, e successive modificazioni, ed al regolamento approvato con regio decreto 17 giugno 1909, n. 454, e successive modificazioni, nonchè alle norme sulla contabilità generale degli enti locali, fermi restando i principi generali dell'ordinamento giuridico-contabile. A tal fine sono assicurati criteri di trasparenza e adeguate forme di pubblicità per acquisire e valutare concorrenti proposte di acquisto, da definire con regolamento dell'ente interessato”.
La lettera della citata norma, quindi, ammette la possibilità di alienare il patrimonio immobiliare dell’ente locale senza l’obbligo di esperire le procedure ad evidenza pubblica.
In senso conforme, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che i Comuni “possono procedere alle alienazioni del proprio patrimonio immobiliare senza particolari vincoli che non siano “i principi generali dell’ordinamento giuridico – contabile” ed in deroga “alle norme sulla contabilità generale degli enti locali” ai sensi dell’art. 12, 2° comma, della L. n. 127/97, non obbliga all’osservanza delle singole norme di contabilità dello Stato e consente senz’altro la vendita a trattativa privata di detti beni, senza la quale la disposizione di semplificazione non avrebbe senso” (cfr TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, 14/10/2002, n. 818).
Il decreto legge 25/6/2008, convertito con legge 6 agosto 2008, n.133, all’art. 58 ha introdotto importanti novità in materia di ricognizione e valorizzazione del patrimonio di regioni ed enti locali.
Tali norme che, fra l’altro, prescrivono l’adozione di un piano delle alienazioni e valorizzazione del patrimonio da approvare in consiglio comunale sulla base della deliberazione di Giunta di approvazione di apposito elenco, non apportano innovazioni in ordine alla selezione dei contraenti nelle procedure relative alla dismissione del patrimonio di regioni ed enti locali.
Infatti, il comma 7 dell’art. 58 della legge 133/2008 fa salvo comunque “l’utilizzo di strumenti competitivi”, facendo ritenere che l’alienazione dei beni immobili di comuni e province è, comunque, sottoposta al principio della gara e che l’esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica sarebbe eccezionale e/o limitata ai casi espressamente previsti.
Ciò posto, il Comune - qualora l’apposito regolamento comunale lo preveda - può procedere, nei limiti regolamentari e nel rispetto della procedura indicata dall’art. 58 della legge 133/2008, all’alienazione a trattativa privata. Se così non fosse, preliminarmente, il Comune dovrebbe dotarsi di apposito Regolamento, disciplinando, nel rispetto della disciplina prevista dall’art. 58 della legge 133/2008, i casi di dismissione immobiliare a mezzo di trattativa privata.

INFORMAZIONI ANTIMAFIA

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 2 aprile 2010, ha approvato lo schema di regolamento che disciplina le modalità con le quali sono rilasciate le informazioni riguardanti gli accessi e gli accertamenti effettuati presso i cantieri delle imprese interessate all'esecuzione dei lavori pubblici. L'intervento amplia l'ambito di intervento dei prefetti in materia di contrasto alla criminalità organizzata, conferendo la potestà di disporre accessi e accertamenti nei cantieri avvalendosi di Gruppi Interforze. Il provvedimento, trasmesso alle commissioni parlamentari e al Consiglio di Stato per i prescritti pareri, prevede che le informazioni prefettizie antimafia emesse in fase di esecuzione di appalti e concessioni di lavori pubblici vengano estese ai contratti di qualsiasi importo. Esse riguarderanno tutti i soggetti che intervengono nella procedura di realizzazione dell’opera, e tra questi sono compresi anche i professionisti e i consulenti. Per effetto del decreto sarà prevista anche la possibilità di contraddittorio e di audizione del soggetto destinatario dell’informazione.

20 aprile 2010

RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA 2008/98 SUI RIFIUTI

Il Consiglio dei Ministri n. 89 del 16 aprile 2010 ha approvato lo schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti, che introduce significative novità volte a rafforzare i principi della precauzione e prevenzione nella gestione dei rifiuti, a massimizzarne il riciclaggio ed il recupero, a garantire che tutte le operazioni di gestione dei rifiuti, a partire dalla raccolta, avvengano nel rispetto di rigorosi standard ambientali.
Il provvedimento verrà trasmesso alla Conferenza unificata ed alle Commissioni parlamentari per il parere.

I punti salienti del decreto sono:
La definizione di materia seconda. Ad esempio: rottami ferrosi o la carta usata fino ad oggi erano considerati rifiuti, ora potranno essere riutilizzati secondo le regole non più dei rifiuti ma, appunto, delle “materie seconde”.
La definizione di sottoprodotto (i trucioli della lavorazione del mobile, gli sfridi della lavorazione del metallo, etc). Anche in questo caso il nuovo decreto stabilisce regole più semplici e più concrete per il riuso evitando tutta la trafila di adempimenti e costi legati al rifiuto.
Il riutilizzo di terre e rocce da scavo. Sino ad ora tutte le imprese che realizzavano infrastrutture (strade, autostrade, immobili, metropolitane) erano costrette a smaltire il materiale scavato come rifiuto (con adempimenti e ancora oneri annessi, come portarlo in discarica) e acquisire nuovo materiale per le attività di costruzione delle opere. Oggi invece se il materiale di risulta non è contaminato verrà considerato un sottoprodotto e potrà essere riutilizzato in loco.
La Definizione di CDR. Viene reintrodotta la nozione corretta di Combustibile da Rifiuti. Ciò consentirà all’Italia, analogamente a quanto già fatto a Fusina e a quanto accade normalmente nei distretti industriali del nord Europa, di produrre energia dai rifiuti, considerando quindi il rifiuto non più uno scarto ma una risorsa economica, con vantaggi sia in termini ambientali che di bolletta energetica.
Tracciabilità dei rifiuti - SISTRI. Inquadra nell’ambito normativo europeo il recente provvedimento istitutivo del sistema di tracciabilità elettronica dei rifiuti speciali, pericolosi e non, superando in termini di affidabilità e controlli gli stessi paletti fissati dall’UE. Il decreto definisce inoltre le sanzioni per l’inosservanza delle previsioni relative al Sistri che non potevano essere contenute nel decreto ministeriale istitutivo del sistema.
Fissa target di recupero di alcuni materiali. Per vetro, carta, plastica e metalli viene fissata al 2020 una soglia tassativa minima di recupero, il 50%, nell’ambito di una pratica che deve diventare sempre più diffusa e stringente di raccolta differenziata, orientando stili di vita e meccanismi di produzione sempre più verso la cosiddetta “società del recupero”.
Consente risparmi individuali e collettivi. Il decreto definendo un sistema basato sul recupero e riutilizzo dei prodotti permetterà di realizzare sostanziali economie in materia di: bolletta energetica nazionale; costi per le famiglie sia in termini energetici che di beni di consumo; costi per le imprese.

LA DIRETTIVA 2008/98/CE DEL 19/11/2008 SUI RIFIUTI

La Direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 22 novembre 2008, stabilisce misure volte a proteggere l'ambiente e la salute umana prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell'uso delle risorse e migliorandone l'efficacia (art. 1). Gli Stati membri hanno tempo fino al 12 dicembre 2010 per mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi a questa Direttiva (art. 40). Alla stessa data, risulteranno abrogate le direttive 75/439/CEE (sull’eliminazione degli oli usati), 91/689/CEE (sui rifiuti pericolosi) e 2006/12/CE (sui rifiuti).
La Direttiva 2008/98/CE nasce dalla Decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituiva il Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente e sollecitava l'estensione o la revisione della normativa sui rifiuti, in particolare al fine di chiarire la distinzione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è.

La definizione di rifiuto è data nell'art. 3.1 come "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi", senza più alcun riferimento all'appartenenza ad una specifica categoria di rifiuti (ex Allegato I della Direttiva 2006/12/CE).
Un chiarimento importante è quello che deriva dalla definizione di sottoprodotto (art. 5): sono sottoprodotti quelle sostanze o oggetti derivanti da un processo di produzione il cui scopo primario non sia la produzione di tali articoli se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
- è certo che la sostanza o l'oggetto saranno ulteriormente utilizzati
- la sostanza o l'oggetto possono essere utilizzati direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale
- la sostanza o l'oggetto sono prodotti come parte integrante di un processo di produzione
- l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfano, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porteranno a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.
Viene inoltre affrontata la definizione di materia prima secondaria (art. 6 e art. 11), sebbene tale definizione non venga data in modo diretto, a differenza delle precedenti.
Queste definizioni hanno importanti ricadute anche per l'applicazione del Regolamento REACH (CE) n. 1907/2006, dato che i rifiuti sono esclusi dall'ambito di applicazione del Regolamento (art. 2.2). Tale esclusione consente sia di garantire la praticabilità del Regolamento sia di preservare gli incentivi al riciclaggio e al recupero dei rifiuti.

La Direttiva 2008/98/CE punta a ridurre l'uso di risorse e a promuovere l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti. Per gerarchia dei rifiuti si intende un ordine di priorità da applicare nella normativa e nella politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti. Secondo l'art. 4, l'ordine previsto è:
- prevenzione
- preparazione per il riutilizzo
- riciclaggio
- recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia
- smaltimento
Nell'applicare la gerarchia dei rifiuti, gli Stati membri adottano misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo.
Le disposizioni sui rifiuti pericolosi includono la loro classificazione - per le proprietà tossicologiche ed ecotossicologiche - in base ai criteri della normativa comunitaria relativa alle sostanze e ai preparati pericolosi, inclusi i valori limite di concentrazione usati a tal fine. Le caratteristiche di pericolo per i rifiuti sono presentate nell'Allegato III. Come indicato nell'art. 17, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la produzione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni tali da garantire la protezione dell'ambiente e della salute umana, comprese misure volte a garantire la tracciabilità dalla produzione alla destinazione finale e il controllo dei rifiuti pericolosi.

Nello stabilire a chi spetti il costo della gestione dei rifiuti, la Direttiva sottolinea che il principio «chi inquina paga» è principio guida.

18 aprile 2010

POSSIBILE RICHIEDERE IN SEDE DI GARA REQUISITI DI SICUREZZA SUL LAVORO PIÙ RIGOROSI

Il Tar della Lombardia con la sentenza 285/2010, depositata lo scorso 8 febbraio ritiene possibile per la Stazione Appaltante richiedere in sede di gara requisiti di sicurezza sul lavoro più rigorosi. Le imprese candidate, quindi, non possono opporsi nel caso in cui l’Amministrazione imponga misure di sicurezza più onerose rispetto a quelle previste solitamente dalla Testo Unico, Decreto Legislativo 81/2008.
La sezione di Milano del Tribunale Amministrativo della Lombardia ha respinto infatti il ricorso di un’azienda partecipante alla gara, esclusa perché non aveva fornito il nome del rappresentante della sicurezza.
L’impresa ha sostenuto l’illegittimità della decisione del Tar, basata sulla richiesta di requisiti più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla legge.
I giudici hanno invece affermato che in sede di gara la Stazione Appaltante può prevedere misure di sicurezza maggiormente stringenti a meno che queste non comportino una discriminazione a danno dei partecipanti o risultino abnormi rispetto alle principali norme di settore.
L’orientamento è motivato dal fatto che la violazione dei vincoli stringenti in materia di sicurezza sul lavoro può ripercuotersi in modo negativo non solo sugli interessati, ma anche sulla Stazione Appaltante.

PROCEDURA DI STIPULAZIONE DEL CONTRATTO

L’entrata in vigore del d.lgs 53/2010, prevista il prossimo 27 aprile, modifica in maniera significativa la procedura per giungere alla stipulazione del contratto.

Vi sono i nuovi oneri di comunicazione alle imprese partecipanti stabilite dall’articolo 79, comma 5, modificato e aggiornato del codice dei contratti e dai nuovi commi da 5-bis a 5-quinquies:

5. In ogni caso l'amministrazione comunica di ufficio:
a) l'aggiudicazione definitiva, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, all'aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un'offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l'esclusione, o sono in termini per presentare dette impugnazioni, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se dette impugnazioni non siano state ancora respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;

b) l'esclusione, ai candidati e agli offerenti esclusi, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni dall'esclusione;

b-bis) la decisione, a tutti i candidati, di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro;

b-ter) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l'aggiudicatario, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, ai soggetti di cui alla lettera a) del presente comma.

5-bis. Le comunicazioni di cui al comma 5 sono fatte per iscritto, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante notificazione o mediante posta elettronica certificata ovvero mediante fax, se l'utilizzo di quest'ultimo mezzo è espressamente autorizzato dal concorrente, al domicilio eletto o all'indirizzo di posta elettronica o al numero di fax indicato dal destinatario in sede di candidatura o di offerta. Nel caso di invio a mezzo posta o notificazione, dell'avvenuta spedizione è data contestualmente notizia al destinatario mediante fax o posta elettronica, anche non certificata, al numero di fax ovvero all'indirizzo di posta elettronica indicati in sede di candidatura o di offerta. La comunicazione è accompagnata dal provvedimento e dalla relativa motivazione contenente almeno gli elementi di cui al comma 2, lettera c), e fatta salva l'applicazione del comma 4; l'onere può essere assolto nei casi di cui al comma 5, lettere a), b), e b-bis), mediante l'invio dei verbali di gara, e, nel caso di cui al comma 5, lettera b-ter), mediante richiamo alla motivazione relativa al provvedimento di aggiudicazione definitiva, se già inviata. La comunicazione dell'aggiudicazione definitiva e quella della stipulazione, e la notizia della spedizione sono, rispettivamente, spedita e comunicata nello stesso giorno a tutti i destinatari, salva l'oggettiva impossibilità di rispettare tale contestualità a causa dell'elevato numero di destinatari, della difficoltà di reperimento degli indirizzi, dell'impossibilità di recapito della posta elettronica o del fax a taluno dei destinatari, o altro impedimento oggettivo e comprovato.
5-ter. Le comunicazioni di cui al comma 5, lettere a) e b), indicano la data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto.

5-quater. Fermi i divieti e differimenti dell'accesso previsti dall'articolo 13, l'accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall'invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell'accesso adottati ai sensi dell'articolo 13. Le comunicazioni di cui al comma 5 indicano se ci sono atti per i quali l'accesso è vietato o differito, e indicano l'ufficio presso cui l'accesso può essere esercitato, e i relativi orari, garantendo che l'accesso sia consentito durante tutto l'orario in cui l'ufficio è aperto al pubblico o il relativo personale presta servizio.

5-quinquies. Il bando o l'avviso con cui si indice la gara o l'invito nelle procedure senza bando fissano l'obbligo del candidato o concorrente di indicare, all'atto di presentazione della candidatura o dell'offerta, il domicilio eletto per le comunicazioni; il bando o l'avviso possono altresì obbligare il candidato o concorrente a indicare l'indirizzo di posta elettronica o il numero di fax al fine dell'invio delle comunicazioni.

Vi sono soprattutto, i termini dilatorio e sospensivo della stipulazione del contratto, particolarmente rilevanti per la stessa legittimità dell’atto, di cui all’art.11, commi 10, 10-bis e 10-ter:

10. Il contratto non può comunque essere stipulato prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva ai sensi dell'articolo 79.

10-bis. Il termine dilatorio di cui al comma 10 non si applica nei seguenti casi:
a) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara o inoltro degli inviti nel rispetto del presente codice, è stata presentata o è stata ammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito o queste impugnazioni risultano già respinte con decisione definitiva;
b) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro di cui all'articolo 59 e in caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all'articolo 60.

10-ter. Se è proposto ricorso avverso l'aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva. L'effetto sospensivo sulla stipula del contratto cessa quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara incompetente ai sensi dell'articolo 245, comma 2-quater, primo periodo, o fissa con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari o rinvia al giudizio di merito l'esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita rinuncia all'immediato esame della domanda cautelare.

Il termine di trentacinque giorni che deve intercorrere tra l’ultima comunicazione di aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto, nonché la sospensione nel caso di ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva, accompagnato da domanda cautelare, costituiscono requisiti procedurali obbligatori, il cui mancato rispetto inficia gravemente l’attività dell’amministrazione appaltante.
Ai sensi del nuovo articolo 245-bis del codice dei contratti, il giudice annulla l’aggiudicazione definitiva dichiarando l’inefficacia (eventualmente anche retroattiva) del contratto, se stipulato senza rispettare i termini indicati prima, oltre che se si siano violati gli obblighi di pubblicazione del bando o se si sia dato corso a procedure negoziate senza bando o ad affidamenti in economia al di fuori dei casi consentiti, omettendo gli obblighi di pubblicazione.

VALIDITA’ DEI CERTIFICATI DEL CASELLARIO GIUDIZIALE

La richiesta del certificato del casellario giudiziario si giustifica con la necessità di comprovare l'inesistenza, nei confronti dei concorrenti alla gara, di sentenze definitive di condanna per reati tali da incidere sulla propria moralità professionale.
Per quanto concerne la validità temporale di tale certificazione, occorre considerare che, ai sensi di quanto previsto dall’art.2 della legge 15 maggio 1997, n.127, la durata della validità di certificati rilasciati dalla pubblica amministrazione, attestanti stati e fatti professionali soggetti a modi¬ficazioni, ivi compresi pertanto il casellario giudiziario, è stata fissata in sei mesi.
Si aggiunga, poi, che ai sensi di quanto disposto dall'art. 3, comma 1, del dpcm 10 gennaio 1991, n.55, è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di richiedere ai concorrenti certificati con termini di validità ridotti rispetto a quelli di ordinaria vigenza. Da ultimo, il ministero di Grazia e giustizia, con circolare 15 gennaio 1998, ha precisato che i certificati rilasciati in materia di iscrizione nel casellario giudiziale hanno validità di sei mesi dalla data del rilascio. “Resta ferma, in ogni caso, la facolta' delle pubbliche amministrazioni di accertare d'ufficio, in qualsiasi momento, le variazioni nelle informazioni contenute nei certificati, eventualmente intervenute dopo la data del loro rilascio”.
La prescrizione contenuta in un bando di gara, secondo cui il certificato del casellario giudiziario deve essere di data non anteriore ad un mese non è conforme alla vigente normativa e, pertanto, è da considerare illegittima.

13 aprile 2010

IL DECRETO LEGISLATIVO CHE RECEPISCE LA DIRETTIVA RICORSI

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale N. 84 del 12 Aprile 2010 il DECRETO LEGISLATIVO 20 marzo 2010 , n. 53 “Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici.”
Sono stati modificati i seguenti articoli del Codice dei contratti (le modifiche sono evidenziate in grassetto):

Art. 11. Fasi delle procedure di affidamento

Abrogazioni, norme di coordinamento e norme transitorie
(art. 44, co. 3, lett. c), e co. 4, l. n. 88/2009)

1. Salvo quanto previsto dal comma 4, è abrogato l’articolo 20, commi 8 e 8-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2; l’articolo 11, commi 10, 10-bis e 10-ter, del decreto legislativo n. 163 del 2006, così come modificato dall’articolo 1, si applica anche ai contratti di cui all’articolo 20 del citato decreto-legge n. 185 del 2008, se l’aggiudicazione definitiva sia successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. All’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) sono soppresse le lettere a) e c) del comma 1;
b) la lettera b) del comma 1 è sostituita dalla seguente: “ b) i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità;”.
3. All’articolo 13, comma 6-bis, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: “per i predetti ricorsi in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture” sono sostituite dalle seguenti: “per i ricorsi in materia di procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, ivi compresi quelli per motivi aggiunti e quelli incidentali contenenti domande nuove”.
4. Resta ferma la disciplina di cui all’articolo 20, comma 8, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, limitatamente agli interventi previsti nel citato articolo 20, per i quali siano già stati nominati i relativi commissari o vengano nominati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. E’ abrogato l’articolo 3, commi 19, 20 e 21, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
6. La disciplina introdotta dagli articoli 4 e 5 si applica ai bandi, avvisi di gara e inviti pubblicati successivamente alla entrata in vigore del presente decreto, nonché ai contratti aggiudicati sulla base di essi e ai relativi giudizi arbitrali.

11 aprile 2010

DISCIPLINA APPLICABILE ALLA CONCESSIONE DI LAVORI PUBBLICI

L’Autorità, a seguito di specifica consultazione, ha adottato la determinazione n. 2 del 11/03/2010 sulle tematiche di maggior rilievo riguardanti la fase di esecuzione dei lavori previsti in una concessione, quali l’assetto delle funzioni di controllo contabile e di vigilanza e, più in particolare, la figura e le funzioni del direttore dei lavori, del responsabile della sicurezza, del responsabile del procedimento e del collaudatore.
In virtù della previsione dell’art. 142, comma 3 del Codice, risulta pacifica l’applicazione delle norme del d.lgs. n. 163/2006 agli appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari che sono amministrazioni aggiudicatrici. In altri termini, se il concessionario è riconducile alla categoria delle amministrazioni aggiudicatrici, il richiamo integrale alle norme del Codice porta a ritenere chiara per gli appalti affidati a terzi l’applicazione delle norme in materia di direzione lavori e di contabilità pubblica. Peraltro, l’art.148 dispone espressamente che i concessionari che siano amministrazioni aggiudicatrici applicano le disposizioni del Codice non solo per l’affidamento, ma anche per l’esecuzione degli appalti affidati a terzi.
Se il concessionario non è amministrazione aggiudicatrice, non è tenuto ad applicare le norme del Regolamento relative alla contabilità dei lavori pubblici ai lavori eseguiti sia direttamente - ovvero attraverso proprie controllate come specificato dall’articolo 149, commi 3 e 4 del Codice - che tramite appalti a terzi.
Con riguardo agli ulteriori aspetti della disciplina dei rapporti concedente – concessionario, sia che la concessione sia stata affidata secondo la procedura ordinaria ovvero tramite project finance, l’opera realizzata in regime di concessione deve essere sottoposta – per espressa previsione normativa - sia al collaudo finale dell’opera (art. 142 del Codice) sia al collaudo in corso d’opera (art. 141 del Codice), come disciplinati dalla materia dei lavori pubblici.

L’art. 141 “collaudo dei lavori pubblici” (situato nel Capo I del Titolo III) stabilisce nei casi di affidamento dei lavori in concessione l’attribuzione al responsabile del procedimento delle funzioni di vigilanza in tutte le fasi di realizzazione dei lavori, verificando il rispetto della convenzione.
Conseguentemente, l’art. 8, comma 1, lett. r) del Regolamento (riprodotto nell’art. 10 dello schema di regolamento attuativo del Codice) prevede tra le funzioni del responsabile del procedimento quella “di vigilanza sulla realizzazione dei lavori nella concessione di lavori pubblici, verificando il rispetto delle prescrizioni contrattuali” e il successivo art. 86 (l’individuazione di tali poteri in sede contrattuale risulta confermata all’art. 115 dello schema di regolamento di attuazione del codice dei contratti, in corso di approvazione) stabilisce che il contratto di concessione deve contemplare i poteri riservati all’amministrazione aggiudicatrice, ivi compresi i criteri di vigilanza sui lavori da parte del responsabile del procedimento. Ciò in linea con quanto disposto dall’art. 119 del Codice secondo cui il responsabile del procedimento svolge in fase di esecuzione dei contratti pubblici (e quindi anche delle concessioni) il ruolo di “Direttore dell’esecuzione”.
Secondo la disciplina del Codice, l’atto attorno al quale ruota il rapporto concessorio è proprio il contratto tra concedente e concessionario, come è ricavabile dalla definizione di concessione citata nel primo paragrafo, dall’articolo 86 del d.P.R. n. 554/1999 e dalla ricostruzione dell’istituto della concessione quale complesso di diritti ed obblighi delle parti che si ricava dal comma 1 dell’articolo 143.
Ne discende l’opportunità, al fine di garantire la piena tutela del concedente rispetto alla fase realizzativa dell’opera pubblica, di prevedere nel contratto di concessione in maniera dettagliata i compiti di vigilanza attribuiti al responsabile del procedimento. Tale previsione, comunque finalizzata ad assicurare l’esecuzione a regola d’arte dell’opera, nonché il rispetto dei tempi di esecuzione previsti, dovrà essere fatta in relazione alla specifica fattispecie concreta, tenendo conto altresì della previsione o meno, nell’ambito della concessione, di un contributo pubblico. Il potere di controllo da parte del concedente nella fase esecutiva dell’opera ha la finalità non solo di accertare che l’esecuzione avvenga a regola d’arte e nel rispetto delle previsioni contrattuali e progettuali ma anche di avere contezza, attraverso idonei strumenti contabili, del relativo valore quale indice di congruità della tariffa posta a carico dell’utenza nonché di efficiente gestione e manutenzione dell’opera da parte del concessionario.

Per il settore delle concessioni autostradali, le considerazioni finora svolte devono essere integrate con la disciplina speciale di settore, di recente rivisitata ai sensi dell’art. 2, commi 82 e ss. del d.l. n. 262/2006 convertito dalla legge n. 286/2006 e delle direttive contenute nella delibera CIPE 15 giugno 2007, n.39. La finalità sottesa a tali disposizioni è quella di garantire una maggiore trasparenza nei rapporti tra concedente e concessionario ed una migliore qualità delle infrastrutture e dei servizi, in termini di economicità ed efficienza dei procedimenti nel corso del rapporto concessorio. A tal fine si è previsto che deve essere stipulata tra Anas ed ogni concessionario, in occasione del primo aggiornamento del piano finanziario ovvero della prima revisione della convenzione in essere successiva all’entrata in vigore della nuova legislazione, una convenzione unica che deve, tra l’altro, assicurare modalità di controllo del rispetto degli impegni contrattuali e sanzioni in caso di inadempimento; in particolare, le clausole contenute nella convenzione unica contemplano l’obbligo dei concessionari relativo alla tenuta della contabilità, in modo puntuale ed analitico, sia in fase di costruzione sia in fase di gestione.

In sintesi, l’Autorità ritiene che:
- nel contratto di concessione debbono essere stabilite le modalità di rendicontazione e di contabilizzazione dei lavori, in relazione alla fattispecie concreta, al fine di consentire al concedente di esercitare in maniera efficace il potere di controllo e vigilanza spettantegli. Non è obbligatorio ai fini di tale rendicontazione applicare le norme previste dal d.P.R. n. 554/99 per la contabilizzazione dei lavori affidati in appalto;
- il concessionario che riveste la natura di amministrazione aggiudicatrice è tenuto ad applicare per gli appalti affidati a terzi le norme del d.P.R. n. 554/99 relative alla contabilità dei lavori pubblici;
- il contratto di concessione deve specificare i compiti del responsabile del procedimento, la loro estensione e le relative modalità di esercizio, cosi come debbono essere previsti gli ulteriori aspetti rilevanti sul piano esecutivo, quali le sanzioni per il mancato rispetto degli standard progettuali e tecnici, l’approvazione di possibili varianti, nonché gli ulteriori aspetti elencati nella presente determinazione;
- spetta al concedente la nomina dei collaudatori il cui costo può essere posto a carico del concessionario;
- spetta al concessionario la nomina del direttore dei lavori e dei coordinatori per la sicurezza; può prevedersi nel contratto di concessione che il concedente esprima il gradimento sulla nomina di tali soggetti.

08 aprile 2010

CONTRIBUTI DOVUTI ALL’AVCP PER L'ANNO 2010

Sulla Gazzetta Ufficiale N. 80 del 7 Aprile 2010 è stata pubblicata la Deliberazione 15 febbraio 2010 dell’Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di “Attuazione dell'articolo 1, commi 65 e 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, relativamente al versamento dei contributi dovuti per l'anno 2010.

BENEFICIO INCREMENTO DEL QUINTO PER LA QUALIFICAZIONE

L’art. 95, comma 1, del D.P.R. n. 554/1999 recita: “1. L'impresa singola può partecipare alla gara qualora sia in possesso dei requisiti economico finanziari e tecnico organizzativi relativi alla categoria prevalente per l'importo totale dei lavori ovvero sia in possesso dei requisiti relativi alla categoria prevalente e alle categorie scorporabili per i singoli importi. I requisiti relativi alle lavorazioni scorporabili non posseduti dall'impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente” e l’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 34/2000 in forza del quale “2. La qualificazione in una categoria abilita l'impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto…”

Nel caso di una gara per lavori relativi a:
categoria prevalente OG6, di importo pari a euro 1.103.171,32 (classifica IV),
categoria scorporabile OG3, di importo pari a euro 204.589,75 (classifica I),
categoria scorporabile OG1, di importo pari a euro 95.411,93 (classifica I),

qualora la società che partecipa singolarmente è dotata di qualificazione nelle seguenti categorie e classi:
OG6 classifica III,
OG3 classifica III,

applicando l’incremento del quinto previsto dall’art. 3, comma 2, del D.P.R. 34/2000 all’importo della classifica III posseduto dalla stessa società nella categoria prevalente OG6 pari a euro 1.032.913 si ottiene l’importo di euro 1.239.495,60 e ciò consente di ritenere soddisfatte tutte le condizioni previste dall’art. 95 del D.P.R. n. 554/1999.

Infatti, per l’esecuzione delle lavorazioni imputate dal bando alla categoria prevalente OG6, di importo pari a euro 1.103.171,32 (classifica IV), e per l’esecuzione delle lavorazioni imputate dal bando alla categoria scorporabile OG3, di importo pari a euro 204.589,75 (classifica I), la società è «in possesso dei requisiti relativi alla categoria prevalente e alle categorie scorporabili per i singoli importi»: quanto alla prima vi rientra con l’aumento del quinto; quanto all’OG3 vi rientra poiché possiede la classifica III (a fronte della classifica I richiesta dal bando).

Per quanto riguarda, invece, l’esecuzione delle lavorazioni imputate dal bando alla categoria scorporabile OG1, di importo pari a euro 95.411,93 (classifica I) trova applicazione l’ultima parte dell’art. 95: «I requisiti relativi alle lavorazioni scorporabili non posseduti dall'impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente». Tale condizione risulta soddisfatta in quanto la somma delle lavorazioni relative alla categoria prevalente OG6 (euro 1.103.171,32) e di quelle relative alla categoria scorporabile OG1 (euro 95.411,93) è pari a euro 1.198.583,25 che risulta ampiamente coperta dal predetto importo posseduto dalla società nella categoria prevalente OG6 (classifica III) incrementato di un quinto, pari a euro 1.239.495,60.

Nel caso esaminato, peraltro, la società esprimeva comunque la volontà di subappaltare per intero le lavorazioni della categoria OG1non posseduta.

06 aprile 2010

CONTRIBUTO GARE

Sono state pubblicate sul sito dell'Authority le istruzioni operative per le nuove modalità di versamento del contributo dovuto per indire gare di appalti pubblici e per gli operatori economici che vogliono partecipare, in vigore dal 1° maggio 2010. L'ammontare delle contribuzioni e le nuove modalità di versamento sono già state indicate con la delibera del 15 febbraio.